(ANSA) - ROMA, 23 GEN - "Era il campionato successivo a
quello dello scudetto, ed eravamo all'Acqua Acetosa dove il
Cagliari si stava allenando prima di una partita con la Lazio.
Scavalcammo uno steccato e io mi misi dietro a una porta: poco
dopo, una sua bordata mi prese in pieno.
E' stato calcolato, sottolinea Piroddi parlando all'ANSA, che
il tiro di Riva che lo centrò 'viaggiò' a una velocità di 120
km/h, "e mi procurò - racconta - una doppia frattura, ulna e
radio, a un braccio. Calcolate che allora i palloni erano di
cuoio, mica come quelli di oggi, e se ti prendevano facevano
male sul serio. Ricordo che mi portarono al San Giacomo,
l'ospedale che stava a Via del Corso, e lì mi ingessò il dottor
Ziaco, che era il medico sociale della Lazio". "Sono balle che
Riva poi mi autografò il gesso - continua il racconto
dell'allora bambino - ma fu molto gentile con me, venne a
trovarmi e io gli sono grato. E ora per la sua morte ci sono
rimasto malissimo. Ricordo anche che quando venne a trovarmi gli
chiesi una sua maglia e un pallone, ma lui di quella n.11 ne
aveva solo una, all'epoca era così e non come adesso dove le
maglie le trovi anche in negozio, e quindi non me la diede".
Nacque un rapporto durato fino a ieri: "Io vivo in Sicilia -
dice Piroddi - ma eravamo rimasti in contatto. Ci siamo sentiti
e dovevo anche andare a Cagliari. Ma ora..." .
Piroddi avrebbe dovuto raccontare la sua storia anche nel
documentario 'Nel Nostro cielo un Rombo di Tuono': 'Comunque nel
film c'è Riva che parla di quell'episodio e hanno usato del
materiale fotografico. In ogni caso a me Gigi rimane nel cuore,
e conta questo". (ANSA).
Riva: 'Con un tiro mi ruppe il braccio, ma gli sono grato'
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