Manca l'ufficialità della proclamazione, attesa nei prossimi giorni, ma per la prima volta alla guida della Regione Autonoma della Sardegna ci sarà una donna, Alessandra Todde. Anche stavolta, però, il voto non ha premiato le consigliere che al momento si fermano a 9 su 60, un esiguo 15 per cento. L'Assemblea sarda, dunque, è ancora marcatamente maschile. Lo ricordano, in occasione dell'8 marzo, Giornata internazionale della donna, le principali associazioni che si occupano della parità di genere.
"Abbiamo accolto con entusiasmo l'elezione della prima presidente della Regione sarda dopo 75 anni di storia autonomistica e di governi regionali guidati da uomini. Questo 8 marzo passerà alla storia per questa svolta epocale - sottolinea Carmina Conte, presidente di Coordinamento3 - Tuttavia esprimiamo preoccupazione e sconcerto per l'esigua rappresentanza di consigliere che fa segnare addirittura un passo indietro sulla via per la parità rispetto alla precedente legislatura, che registrava circa il 18 per cento contro il 15 per cento di oggi. Di questo passo - denuncia Conte - ci vorranno 200 anni per scrivere nuove pagine nel segno della democrazia paritaria. Torneremo alla carica con le nostre proposte di riforma della legge elettorale regionale a supporto della doppia preferenza di genere, anche in base alle esperienze europee: evidentemente in Sardegna non ha espresso tutte le sue potenzialità, come invece è accaduto in altre regioni e nelle amministrative, anche, riteniamo, per un utilizzo non adeguato".
Un risultato, quello uscito dalle urne, che impone una riflessione. "Mi aspettavo un esito più incoraggiante, ma il processo verso un equilibrio tra donne e uomini nella composizione del Consiglio è lentissimo - conferma Maria Laura Orrù, eletta col centrosinistra nella lista Alleanza Verdi e Sinistra - Occorre un lavoro nei territori, perché i numeri esigui sono frutto di una cultura ancora improntata al maschile. Il punto di vista femminile è irrinunciabile in una società democratica".
Diametralmente opposto è il parere di Alberto Urpi, sindaco di Sanluri, entrato in Consiglio nel centrodestra con Sardegna al centro Venti 20. "Le condizioni per una democrazia paritaria - spiega - sono rispettate da una serie di leggi, quella sulla doppia preferenza di genere, sul 50 per cento di donne garantito nelle liste elettorali, sulla composizione della giunta. Non può esserci anche una legge che garantisce l'elezione solo per il fatto di essere una donna o un uomo. Contano i numeri in democrazia, e la legge attuale garantisce la parità di genere facendo gareggiare uomini e donne alla pari".
Cosa ci insegnano queste ultime elezioni? "Che le norme da sole non bastano - risponde l'avvocato e docente di Diritto costituzionale Andrea Deffenu - Anche per le più avanzate, perché risultino essere efficaci, occorre una consapevolezza culturale da parte delle forze politiche e dei cittadini. La doppia preferenza di genere è una soluzione soft, un incentivo, che lascia liberi cittadini e cittadine di scegliere, non è strutturata in modo tale da prefigurare un risultato a favore delle donne".
Secondo l'esperto, la legge "va rafforzata con misure di sostegno che consentano non soltanto la conciliazione vita-lavoro, quindi un sistema di welfare attrezzato, ma anche vita-politica, per trovare le soluzioni che consentano un'equa rappresentanza di genere nei luoghi del potere, dove si prendono le decisioni che interessano tutte e tutti. Donne e uomini della Sardegna".
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