(ANSA) - CAGLIARI, 16 MAG - Avvalendosi della "forza di
intimidazione" e della "condizione di assoggettamento e di
omertà che ne deriva" avrebbero commesso "una serie
indeterminata di delitti di peculato, abuso d'ufficio,
corruzione di pubblici ufficiali, detenzione e spaccio di droga"
per "favorire la latitanza di affiliati" e "assicurare
protezione ad appartenenti alle istituzioni pubbliche,
imprenditori o professionisti".
E' la sintesi che la Dda di Cagliari fa per descrivere il
sistema utilizzato dagli indagati dell'inchiesta Monte Nuovo in
Sardegna chiusa ieri con l'invio di 34 avvisi di conclusione
delle indagini preliminari.
Secondo la Dda, che ha riproposto le accuse di associazione
mafiosa e segreta dopo che il Tribunale del riesame nel 2023
aveva derubricato i reati, sarebbe emerso un fitto intreccio tra
membri della criminalità e delle istituzioni per gestire
interessi negli enti locali, assunzioni nella pubblica
amministrazione, ma anche visite mediche o favori all'interno di
istituzioni ed enti.
I membri dell'associazione, secondo il magistrato della Dda
di Cagliari, Emanuele Secci, avrebbero "interferito
sull'esercizio delle funzioni degli apparati della pubblica
amministrazione dello Stato e degli enti locali" "influenzandone
le scelte" in modo da ottenere favori per gli associati.
La Dda fa riferimento alla rete di conoscenze che i membri
dell'associazione avevano "nei settori della politica, delle
professioni e dell'impresa e negli ambienti della criminalità".
I rapporti venivano tenuti attraverso incontri in cui venivano
fornite le informazioni utili a "influire sull'esercizio delle
pubbliche funzioni rivestite dalle persone avvicinate, ovvero
per favorire la nomina o l'elezione in posizioni di rilievo" di
persone gradite al gruppo. (ANSA).
Inchiesta Monte Nuovo, ecco come agiva presunto gruppo criminale
Per la Dda di Cagliari influenzavano gli apparati pubblici