Sardegna

L'emergenza siccità arriva in Gallura, agricoltori in ginocchio

Coldiretti in pressing sui sindaci, 'serve lo stato di calamità'

Redazione Ansa

(ANSA) - CAGLIARI, 18 MAG - Continua a essere critica la situazione siccità in Sardegna e continuano ad ampliarsi le zone colpite dal fenomeno che sta mettendo già da maggio a dura prova agricoltori e allevatori sardi. Anche il nord dell'Isola deve fare i conti con l'ampliarsi delle zone a rischio che stanno aumentando al pari dei problemi che deve affrontare il mondo agro-pastorale, diviso tra il crescente ricorso alle irrigazioni, l'approvvigionamento dell'acqua con autobotti e l'acquisto dei foraggi per il bestiame con costi aziendali sempre maggiori.
    L'allarme arriva in particolare da nord est, con l'area tra Loiri, Porto San Paolo, Padru e Alà dei Sardi, senza dimenticare la drammatica situazione della Nurra. La siccità, dunque, non risparmia nemmeno il nord se si eccettuano le aree del comprensorio irriguo del Consorzio di Bonifica, con l'invaso del Liscia che continua a mantenere un buon livello di riempimento.
    Lunedì atteso confronto tra una delegazione di Coldiretti e il sindaco di Loiri Porto San Paolo, Francesco Lai.
    L'associazione di categoria rinnova l'appello ai comuni affinche i primi cittadini interessati dalla siccità deliberino lo stato di calamità. Centinaia le segnalazioni raccolte da Coldiretti in queste settimane.
    "Siamo solo a maggio ma i nostri terreni sono già allo stremo con i letti dei fiumi quasi a secco", denuncia Alessandro Ruiu, allevatore e presidente Coldiretti Loiri. Stesso problema a Padru dove "già oggi le sorgenti sono quasi prosciugate e di questo passo, a breve, non ci sarà più acqua - attacca un altro allevatore, Gabriele Mandras - Non sappiamo come abbeverare il nostro bestiame e la situazione peggiora di giorno in giorno".
    Situazione che in tutta la Gallura "è a dir poco disperata - sottolinea Michele Filigheddu, allevatore di bovini - Tutto l'inverno le alte temperature e i venti alternati freddi e caldi, hanno bloccato completamente lo sviluppo delle piante e molti erbai, in particolare di avena, che oggi dovrebbero essere alti almeno un metro e mezzo, sono solo di pochi centimetri".
    Non c'è pace nemmeno per il grano: "Oggi dovevamo avere già le piante pronte per la provvista per il pane per tutto il 2024, invece a malapena il grano riesce ad arrivare in altezza a superare le scarpe - spiega Leonardo Muzzu - Le spighe non solo non stanno producendo i quantitativi adeguati per il pane, ma nemmeno per produrre il fabbisogno utile ai nostri animali. La speranza sta lasciando il passo a una dura realtà". (ANSA).
   

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