"Tutto mi sarei aspettato tranne che vedere Niccolai in mondovisione". La battuta di Manlio Scopigno, allenatore dello scudetto del Cagliari, era passata alla storia del calcio. E aveva ispirato persino un libro intitolato appunto "Niccolai in mondovisione". Ma Scopigno era uno dei suoi più accaniti sostenitori: Niccolai, classe 1946, era il più giovane della squadra. E anche il più coccolato. Di lui si accorse anche Valcareggi che lo volle titolare al mondiale. In mondovisione.
Messico maledetto per Niccolai che si infortunò al 37' della gara inaugurale contro la Svezia: lasció il posto a Rosato. Alla fine, anche lui, vicecampione del mondo. Difensore forte, ma quando si pensa agli autogol, l'accostamento è inevitabile: ne fece solo sei, ma in qualche modo fecero epoca. Nella storia del calcio anche in Italia c'è chi ne ha fatti anche di più, vedi Ferri e Baresi. Ma la corona è sempre rimasta sulla sua testa.
Il football italiano ora è in lutto per la sua scomparsa, a 76 anni, in ospedale a Pistoia, nella sua Toscana. Lo si ricorda come giocatore di un altro calcio, di un'altra epoca. Magari qualcuna delle sue autoreti oggi sarebbe stata assegnata all'attaccante che ha scoccato il tiro. Altre no, erano proprio tutte sue. Indimenticabile. Con un nome indimenticabile, Comunardo, una scelta legata alla passione familiare per la Comune di Parigi. Lui era partito non dalla capitale francese, ma da Uzzano, piccolo centro vicino a Pistoia. Ragazzino, aveva lasciato la sua terra per cercare e trovare fortuna in Sardegna. Prima alla Torres, poi al Cagliari appena approdato in serie A. L'esordio in A l'1 maggio del 1966 a diciannove anni contro il Lanerossi Vicenza. Il primo gol due anni più tardi.
Ma di lui si ricordano soprattutto gli autogol. Quello più clamoroso è nella partita clou del campionato 1969-70. Cross al centro dalla destra e lui di testa anticipa Albertosi già pronto a bloccare la palla: "Lì per lì - aveva detto a Sandro Ciotti - ho avuto paura di aver rovinato tutto. E Albertosi si è anche arrabbiato, cose di campo che passano subito. Il primo a incoraggiarmi è stato Nenè, poi Cera, Martiradonna e tutti gli altri". Nel 1972 riuscì anche a dribblare il suo portiere Albertosi in un Bologna Cagliari 2-1: inutile il tentativo di ricacciare poi il pallone fuori dalla sua porta.
Negli anni del declino del Cagliari, Niccolai fu uno degli ultimi ad arrendersi: memorabile un suo gol al Sant'Elia nel 1975 contro la Lazio con lo scudetto sulla maglia. A fine carriera era tornato dalle sue parti. E aveva intrapreso una carriera da tecnico per le nazionali giovanili azzurre. Non aveva scelto la Sardegna per sempre come i suoi compagni Martiradonna, Poli, Brugnera, Riva, Nenè, Tomasini, Greatti. C'è anche la foto di Niccolai, insieme a quelle dei compagni nella vetrina dell'agenzia di assicurazioni Greatti, in via Sant'Alenixedda, a Cagliari.
E in tanti stamattina hanno toccato la sua immagine e si sono fatti il segno della croce per l'ultimo saluto. Commosso anche il presidente Tommaso Giulini sui social: "Porteremo sempre con noi l'esempio dato dalla gentilezza e dallo stile di uno dei difensori più forti della nostra storia. Ciao, Comunardo". E poi i tifosi su Instagram e Facebook: "Ciao, mi raccomando: salutaci Gigi". Ma anche Mario (Martiradonna), Giulio (Zignoli), Eraldo (Mancin), Claudio (Nenè), Bobo (Gori), Moriano (Tampicci), i vecchi amici di uno scudetto che a Cagliari nessuno dimentica.