Sardegna

Volley: Egonu, Sylla e le altre, 'è la rivoluzione delle donne'

Orro: 'che onore il mio nome scritto su questa pagina di storia'

Redazione Ansa

Anni tormentati, fatti di andate e ritorni, a volte violenti. Perché come dicono i saggi in paradiso non ci si va in carrozza: e allora eccole le ragazze terribili della pallavolo azzurra, la faccia bella dell'Italia che sa fare squadra e vincere, gioire, passarsi sudore e pelle.
    "La rivoluzione silenziosa" foriera del "grande cambiamento culturale" la chiama Julio Velasco, che in questo gruppo ha creduto tantissimo. Il gruppo appunto, la squadra. Così alla fine del match-storia che regala la prima medaglia d'oro olimpica del volley, mentre risuona l'inno di Mameli ci sono la capitana Anna Danesi (una garanzia) e Myriam Sylla (un vero rullo compressore in questi Giochi) che si scambiano le medaglie. Un gesto per consolidare un sodalizio che va oltre la rete: "Con Myriam ho vissuto tutto, da quando avevamo 13 anni, c'è sempre stata nei momenti belli e in quelli meno. Questo ha coronato il nostro percorso" dice la capitana. Sylla, un torneo olimpico da assoluta protagonista fino alla finale in cui le americane non riuscivano mai a buttare a terra la palla, è uno spettacolo nello show: "Che siamo state brave non è in discussione - dice mentre rincorre con lo sguardo il papà e la medaglia che non ha già al collo - e comunque servono tutti i pezzi del passato per arrivare fin qui. Velasco? Julio è semplicemente speciale, determinato, con il focus sempre sul momento. Ha scoperchiato il vaso, ed è uscito quello che noi avevamo. Ha toccato le corde giuste e io lo ringrazierò a vita".
    Ha la voce rotta dal pianto Monica de Gennaro, il libero, la veterana, che a 37 anni si prende la medaglia più bella e le compagne la lanciano in aria. "C'era lo scoglio dei quarti, abbiamo detto divertiamoci, godiamocela: una gran partita e una grande squadra" dice l'azzurra, una delle escluse dalla precedente gestione.

   E poi c'è Alessia Orro, la palleggiatrice di Narbolia (Oristano) arrivata a Parigi con la bandiera della sua Sardegna. "Sul podio non potevo portarla, è vietato - sorride - La medaglia però la volevamo a tutti i costi, un grande onore che il mio nome è scritto su questa pagina di storia".
    Su cui ha messo le mani sicuramente Paola Egonu, la stella, nel bene e nel male, quella più esposta costretta però a "gestire la sua notorietà" dice Velasco. Anche per lei un percorso turbolento di addii e ritorni, con la scintilla azzurra tornata a scoccare proprio sotto la gestione dell'argentino.
    "Questa medaglia vale tanto - dice - essere riuscita a rialzarmi e avere un'altra avventura con questa squadra. Velasco? E' riuscito a creare una squadra, a darci la tranquillità, a me ne ha data tanta, è stato bravo a togliermi la pressione, dai primi giorni ho capito che sarebbe andato tutto bene. Ci ha dato qualcosa che mancava, si respira tranquillità. Mio nonno? Aveva predetto tutto...Si questo è il giorno più bello della mia vita, sono felice per queste donne". "Aggressive, matte, lucide" ma anche "indistruttibili" gli aggettivi con cui si dipingono. Una vera rivoluzione. 

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