"Ho ucciso le mie due bambine soffocandole con le mie mani. La candeggina non c'entra niente. L'ho usata per me perché volevo morire con loro, ma non ci sono riuscita". Ha confessato così, in un pianto a dirotto, il suo duplice delitto Giuseppa Savatta, la donna 41enne di Gela, interrogata oggi dal procuratore, Fernando Asaro, e dal "sostituto", Monia Di Marco, nel suo letto dell'ospedale "Vittorio Emanuele" dove si trova ricoverata e piantonata dai carabinieri, in stato di arresto.
E' stata la stessa Savatta, insegnante di sostegno in una scuola media, a volere chiarire la dinamica dei fatti. Tra molti vuoti, tanti "non ricordo bene" e in uno stato psichico ancora confuso, tra le lacrime avrebbe raccontato ai magistrati che amava follemente le proprie figlie, Maria Sofia di 9 anni, e Gaia di 7, perché erano il suo vero e unico amore. Voleva stare sempre con loro ma temeva di perderle. Avrebbe precisato che la crisi nel rapporto col marito non sarebbe stata determinante nella decisione di sopprimere le due figlie. Ieri, intorno a mezzogiorno, non sa come né perché, approfittando di averle in casa per le vacanze, ancora in pigiama le avrebbe abbracciate e, a una a una, strangolate. Poi, resasi conto di quello che aveva fatto, avrebbe tentato di uccidersi vicino alle figlie bevendo e versandosi addosso una notevole quantità di candeggina, per poi cercare d'impiccarsi nel bagno con il flessibile della doccia. L'arrivo del marito, Vincenzo Trainito, 48 anni, ingegnere e insegnante, le avrebbe impedito di portare a compimento il gesto. All'interrogatorio ha assistito anche il legale della donna, Pietro Pistone. Domani Giuseppa Savatta dovrà rispondere alle domande del gip, Lirio Conti, nell'interrogatorio di convalida dell'arresto per duplice omicidio aggravato dalla discendenza. Intanto, nel tardo pomeriggio è iniziata l'autopsia sui corpicini delle due bambine. Alle 19, una messa in suffragio delle piccole vittime è stata celebrata nella chiesa Regina Pacis su iniziativa della parrocchia.
I carabinieri del reparto territoriale di Gela le hanno notificato l'ordine di arresto per duplice omicidio volontario, aggravato dalla discendenza. La donna è ricoverata ancora in ospedale dopo un tentativo di suicidio. I carabinieri continuano a piantonarla nel suo letto della divisione di psichiatria del "Vittorio Emanuele" di Gela, dove i medici l'hanno accolta ancora in preda a turbe suicida, sottoponendola a terapia sedativa. L'ipotesi dello psichiatra è che sia un soggetto dalla personalità bipolare: donna e madre modello nella società e nel lavoro, violenta e possessiva, fino all'omicidio, nel privato.
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