A mezzogiorno del 29 maggio scorso quattro boss palermitani, tutti all'epoca sotto indagine, fanno perdere le proprie tracce per qualche ora. Spariscono.
E' questa la svolta dell'inchiesta dei magistrati di Palermo sulla Nuova Cupola che a dicembre ha portato in cella 47 persone e oggi, con i fermi di altri sette mafiosi, ha aggiunto un nuovo tassello all'indagine. In quella riunione, il cui luogo è tuttora misterioso, i capimafia hanno riportato in vita la commissione provinciale di Cosa nostra e designato il nuovo capo dei capi: Settimo Mineo, 80 anni, professione ufficiale gioielliere, imputato al maxiprocesso.
Le parole intercettate di Colletti per i carabinieri e i pm della Dda di Palermo sono state la conferma di un sospetto di mesi: i boss rivolevano la Cupola. Stretta da anni di strapotere corleonese, tenuta in sonno durante la detenzione di Riina, l'unico capo indiscusso di Cosa nostra, ora torna a funzionare.
Perché con la morte del padrino c'è bisogno delle antiche certezze e di un organismo che decida "le cose gravi". Colletti finisce in carcere e poco dopo comincia a parlare. La stessa scelta di rottura la fa un altro fermato, Filippo Bisconti, reggente del mandamento mafioso di Misilmeri. Entrambi confermano i ruoli dei boss individuati dagli inquirenti e aggiungono due nomi, quello di Leandro Greco, nipote del Papa di Cosa nostra Michele, padrino di Ciaculli, e Calogero Lo Piccolo, figlio del boss di San Lorenzo Salvatore, finiti in cella.