(ANSA) - PALERMO, 22 GEN - Era dura la vita degli studenti ebrei stranieri che studiavano nell'Università di Palermo durante il fascismo negli anni delle persecuzioni razziali.
Alcuni furono espulsi, altri tentarono di sfuggire alle persecuzioni, almeno tre furono uccisi tra eccidi e campi di sterminio.
L'Università di Palermo fu un caposaldo del razzismo. Con le leggi del 1938 cinque professori, tra cui il premio Nobel per la fisica Emilio Segrè, vennero cacciati. Lo annunciava con grande compiacimento l'allora rettore Giuseppe Maggiore, teorico del razzismo, nella relazione per l'apertura dell'anno accademico 1938-39. Nella "grande ora che passa", diceva, "l'Università non può essere apolitica" e le misure antisemitiche "non rappresentano una persecuzione, ma attuano una campagna di energica profilassi nazionale".
Tra il 1923 e il 1938 erano 60 gli ebrei stranieri che studiavano a Palermo. La gran parte veniva dalla Polonia e dalla Romania e seguiva i corsi di medicina. Quasi tutti si laurearono ma per tre il destino fu fatale. Josef Lewsztein, fuggito da Palermo, venne catturato e ucciso nell'eccidio di Forlì (il suo caso ricostruito da Alessandro Hoffmann è diventato un testo teatrale che sarà messo in scena il 27 gennaio). Chiaia Chasis, diventata medico, morì in un lager nazista. La sua famiglia venne sterminata, solo il fratello pure laureato a Palermo si salvò. Un altro medico ebreo polacco, Ignazio Fruchter, morì in un campo di sterminio. "Ma di molti altri si sono perse le tracce", ha detto Alessandro Hoffman che con altri due docenti, Matteo Di Figlia e Mario Varvaro, il 27 gennaio interverrà a un seminario. Sul tema delle persecuzioni razziali anche il museo Salinas ospiterà un'altra mostra. (ANSA).
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