"Oggi le serie tv sono l'ultima ragione d'esistenza di quel glorioso medium di massa che fu la televisione", afferma Gianfranco Marrone, professore ordinario di Semiotica nell'Università di Palermo e autore di vari saggi. "Non è lo spettacolo a dover essere senza fine, costi quel che costi, ma il racconto, la pura affabulazione, - prosegue - che scavalca i singoli personaggi, le loro rivalità, i loro amori e valori, per farsi essa stessa protagonista dell'intrattenimento di grandi e piccini, ricchi e poveri, uomini e donne, nordisti e sudisti".
"Le storie intrecciano uomini e cose, idee e denari, divinità e sentimenti, ma intrecciano soprattutto se stesse, in un continuo rimando, con soste, riprese, deviazioni, digressioni, strade alternative, vicoli ciechi", aggiunge. Ed è proprio "Le forme della serialità. Oggi e ieri", il titolo del convegno che si svolgerà mercoledì e giovedì prossimi al Museo delle marionette di Palermo diretto da Rosario Perricone.
Interverranno oltre a Marrone, Paolo Fabbri, Luigi Spina, Giovanni Ragone, Nicola Dusi, Sergio Brancato e il regista Giacomo Battiato, autore della recente versione televisiva del Nome della rosa di Umberto Eco. In primo piano "l'essenza della attuali serie tv, di cui tutti sono pazzi, e a ragione - prosegue Marrone -. Le notti in bianco per vedere tutta d'un fiato l'intera ultima stagione di House of Cards o del Trono di spade, una decina e passa d'ore di trasmissione rimbambiti con Breaking Bad, True detective, Mad Men o Dexter hanno una precisa motivazione estetica: quella, appunto, del piacere ricavato da un meccanismo narrativo che va a mille, che se pure allunga il sugo per ragioni commerciali (quanti episodi dei Narcos prima di accoppare Pablo Escobar?) lo fa con estrema maestria".
"Sparito il servizio pubblico, i palinsesti, le rivalità fra reti, la televisione sembrava dovesse dileguarsi a vantaggio del web: i funerali erano stati celebrati; ed ecco che, facendo comunella con la rete, è più viva che mai - analizza il semiologo -. Da una storia si va avanti o indietro, si pesca nel mezzo e nei personaggi secondari, si triplicano le sue condizioni di possibilità. Tutto fa brodo, purché la macchina narrativa non si fermi mai. Ecco l'innovazione mediatica, parecchio remunerata e particolarmente gradita".
"Ma questa innovazione a ben vedere è vecchissima, poggiando le basi su stilemi formali e stereotipi ideologici, temi e valori assai antichi, risalenti quanto meno al feuilleton ottocentesco e ai fotoromanzi per collaboratrici domestiche, ai poemi cavallereschi, all'epica medievale, alle fiabe, ma anche e soprattutto ai cantari e al teatro popolare - afferma -. Ivi compresa, con ruolo tutt'altro che secondario, la siciliana Opera dei pupi. Nel mondo delle serie, insegnano pupi e pupari, le storie non vanno mai a finire. Piuttosto continuano. Basta saper aspettare la nuova stagione". (ANSA).
Serie tv a confronto tra ieri e oggi, convegno a Palermo
Un'innovazione mediatica per la narrazione. L'analisi di Marrone