Sicilia

A Siracusa Laura Marinoni è una Medea intensa e lucida

L'attrice in scena al Teatro Greco per la stagione dell'Inda

Redazione Ansa

(ANSA) - PALERMO, 13 MAG - "Felice mai, felice no", questo è lo stato d'animo di Medea. Oggi che la "sindrome di alienazione genitoriale" è diventata tristemente presente nel nostro mondo, Medea si ripresenta con orribile puntualità. Furono gli allievi di Freud a chiamarla Sindrome di Medea per razionalizzare ciò che non può essere razionalizzato: l'omicidio dei figli, per spezzare il legame che i figli hanno con il padre. E Federico Tiezzi, regista della Medea di Euripide, in scena al Teatro Greco di Siracusa dal 12 maggio, lo tiene ben presente.
    In questa terribile storia, tradotta con maestria da Massimo Fusillo, in un teatro stracolmo, l'applauso più deciso viene tributato a Laura Marinoni, Medea straordinaria, intensa, lucida, regale nel suo manto ricoperto di piume, del tutto concentrata sulla vendetta che si abbatterà sulla rivale Glauce, su Creonte, re di Corinto e sui figli, condannati a morte, fin da quando decide di inviarli a Glauce con i doni avvelenati.
    Dunque sarebbero morti comunque. Laura Marinoni esprime alla perfezione l'angoscia per la perdita di tutto che coglie Medea quando Creonte la vuole fuori da Corinto, esiliata con i figli, e subito. Ma oltre Corinto per lei c'è l'abisso. Ha perso la patria, la Colchide, dove non può tornare, ha tradito la famiglia d'origine, e ora dovrà vivere senza una casa che la ospiti, senza denaro e senza marito. Non è solo una tragedia della gelosia, c'è in gioco la sopravvivenza di Medea e dei suoi figli, c'è lo spettro della povertà che si profila all'orizzonte.
    La regia di Tiezzi mette a fuoco tutto quanto abbiamo detto nella scena anni '30 in bianco e nero, una villa neoclassica, con molti marmi, disegnata con eleganza da Marco Rossi, e Tiezzi sceglie i primi anni del '900 per narrare l'orrore vissuto da questa donna barbara, straniera, strega, di una stirpe divina e vincente. (ANSA).
   

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