(ANSA) - LAMPEDUSA, 07 AGO - Miriam, 23 anni, ivoriana, nella
camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana, nelle prossime ore
dovrà effettuare il riconoscimento del cadavere del figlio, il
bimbo di un anno e mezzo che è morto nel naufragio di uno dei
due barchini colati a picco sabato nel canale di Sicilia.
Complessivamente 57 i superstiti, 33 i dispersi e due i cadaveri
recuperati: oltre a quello del piccino c'era anche quello di una
donna il cui marito si trova, al momento, all'hotspot di
Lampedusa.
La giovane ivoriana viaggiava, con in braccio il figlio, quando
il barchino, partito da Sfax, s'è all'improvviso inabissato. Per
ore ed ore - ha raccontato ai mediatori culturali e ai
poliziotti della squadra mobile della Questura di Agrigento - la
ventitreenne, nel mare in tempesta, ha continuato a tenere
stretto, fra le braccia, il figlio. Quando poi non ce l'ha fatta
più, perché era stanca e sentiva freddo, lo ha affidato ad un
giovane connazionale che era in mare accanto a lei. Voleva
salvarlo, cercava disperatamente di dargli possibilità di vita.
Quando la donna è stata tratta in salvo dai militari della
Guardia costiera è stata issata a bordo di una delle due
motovedette intervenute. Il connazionale invece sull'altra unità
di soccorso. Soltanto ieri sera la donna ha saputo, con tutte le
accortezze e il sostegno psicologico del caso, che suo figlio
era morto. Fino ad allora, aveva creduto - e lo ha spiegato ai
mediatori culturali - che il bimbo e il suo connazionale fossero
in un'altra struttura o forse in ospedale. La donna è giunta a
Lampedusa con la prima motovedetta, mentre il connazionale, con
la seconda, è arrivato circa mezz'ora dopo. L'uomo, in braccio,
aveva ancora il piccolo, ma senza vita. C'è in corso
un'inchiesta della procura di Agrigento sul naufragio. (ANSA).
Migranti: bimbo morto in naufragio, madre credeva fosse salvo
La giovane ivoriana viaggiava, con in braccio il figlio