"Non sono stato io": è la frase maggiormente ripetuta negli interrogatori di garanzia, davanti ai giudici per l'udienza preliminare, da parte dei sette fermati per la violenza di gruppo aggravata nei confronti di una 13enne, la sera del 30 gennaio scorso, nei bagni pubblici della Villa Bellini di Catania. E lo hanno ripetuto anche i due egiziani, un minorenne e un neo maggiorenne, ritenuti gli autori degli abusi che sono stati accusati dalla stessa vittima, dal suo fidanzato 17enne e anche dal Dna estrapolato dalle tracce biologiche trovate sugli indumenti della ragazzina. I due, e un terzo minorenne, resteranno in carcere: il giudice ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare mentre la decisione del gip distrettuale per gli altri quattro indagati è attesa nelle prossime ore. Dagli atti delle due inchieste delle Procure emerge una ricostruzione drammatica dei fatti: la coppia è stata prima accerchiata dal gruppo e poi uno di loro ha spinto la ragazzina dentro uno dei bagni dove è avvenuta la violenza.
La 13enne cerca di opporsi, senza riuscirci. "Tremavo come una bambina", dirà ai Pm. Prova ancora a difendersi, ma riesce soltanto a dire "basta, per favore, non lo fare". Una scena che si ripete con il secondo violentatore, mentre un terzo indagato si 'affaccia' da un muretto divisorio. Alla procura il giovane racconta che era intervenuto perché aveva sentito urlare e sostiene di avere detto all'aggressore di smetterla. Ma la ragazza lo smentisce: "nessuno dei presenti ha detto 'lasciatela stare' o ha cercato di interrompere la violenza". Mentre nei bagni si consuma la violenza, il fidanzato della tredicenne viene bloccato all'esterno, picchiato e minacciato: "io sono pazzo, posso ammazzarti", gli urla uno del branco. Poi i sette fuggono e i due fidanzatini corrono in strada e incrociano dei passanti che chiamano i Carabinieri. Tre membri del branco vengono bloccati da militari dell'Arma, mentre gli altri riescono a fuggire. Cominciano le indagini, che non possono avvalersi delle telecamere della Villa Bellini, perché ci sono ma non sono attive. Ma le dichiarazioni della vittima, sotto choc ma determinata a "volere giustizia" e del fidanzato consentono di avere un primo riscontro, confermato poi dal confronto all'americana. Un contributo alle indagini arriva anche da uno degli indagati che parla dell'accaduto prima con un operatore della comunità in cui è ospite e poi davanti ai Carabinieri del comando provinciale. Indica i due violentatori e mostra il loro profilo su TikTok, così l'indagine si allarga. Il suo legale, l'avvocato Salvatore Gangi, rivela che lui ha giustificato la sua presenza sul posto per caso: "era lì perché aveva sentito gridare". Per lui, che è agli arresti domiciliari, la Procura distrettuale ha chiesto la conferma del provvedimento con l'uso del 'braccialetto' elettronico. Durante le due udienze di convalida quasi tutti parlano, uno piange davanti al procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e alla sostituta Anna Trinchillo. L'avvocato Alessandro Fidone, che assiste due dei maggiorenni, ha spiegato che uno si è avvalso della facoltà di non rispondere, mentre l'altro ha parlato con il gip e "si è detto estraneo ai fatti", aggiungendo che "era sul posto, ma non ha partecipato, all'aggressione e ha capito la gravità dei fatti". Nella Villa Bellini intanto c'è aria di festa: oggi è il giorno clou delle iniziative per Sant'Agata, la patrona di Catania. Nello spiazzo non lontano dalla fontana principale ci sono gli stand della 'Fiera' mentre nell'aria adibita a giochi per i bambini, davanti i bagni pubblici, i piccoli si divertono. Tutti sanno, pochi hanno voglia di parlare: "i bambini devono divertirsi, non devono vivere le nostre tensioni, sono piccoli", dice una mamma che insegue il figlio nel tentativo di fargli una foto. "E però - osserva una coppia mentre spinge un passeggino - qua la sera c'è da avere paura. Oggi si vedono forze dell'ordine, la villa è quasi blindata ma la sera è al buio e senza sorveglianza".
Sono un gruppo e sono di origine egiziani. E' l'input delle indagini avviate dalla Procura distrettuale di Catania sulla violenza sessuale di gruppo aggravata a una 13enne catanese nei bagni pubblici della Villa Bellini, commessa il 30 gennaio scorso. Nessun aiuto è arrivato dalle telecamere dei giardini comunali perché non ancora attive.
Così l'attenzione dei Carabinieri si sposta sui sistemi di video sorveglianza di locali pubblici che puntano anche gli ingressi della Villa. Si cerca, si scava, e intanto si apprende che alcuni componenti del branco sono egiziani, che sarebbero stati fermati per altri motivi in quella zona. Parte l'ordine della Procura di effettuare uno screening nelle comunità di accoglienza e vengono convocati egiziani di quella fascia di età: dei primi due che arrivano uno parla e fa il nome di due.
Dai contatti social su tik tok si arriva ad altri collegamenti, fino ad avere i sette nomi e sette indagati.
Importante per le indagini sono anche le dichiarazioni della vittima. Sotto choc, ma determinata a "volere giustizia" per la violenza subita. Dice con fermezza "io ho visto soltanto tre di loro: due mi hanno violentata, l'altro guardava, ma il mio ragazzo li ha visti tutti". Non dice altro perché ha nella mente visi confusi e non vuole accusare persone innocenti.
Ribadisce: "voglio giustizia". E i tre li riconoscerà. A un investigatore dà l'impressione di una ragazzina molto più matura dell'età che ha.
E anche il fidanzato 17enne conferma e non ha esitazioni quando viene messo a confronto con i potenziali aggressori: "questo c'era, questo non c'era", risponde con certezza.
Riconosce anche uno dei violentatori, ma dice "non c'è tra loro il secondo". Perché stava preparandosi ad andare via dalla comunità che lo ospitava, dove viene trovato mentre recupera indumenti e altre cose sue per fuggire. E anche questo viene riconosciuto dalla 13enne: "è lui..." dice.