"Peppino Impastato ha scelto di lottare contro il potere criminale mafioso partendo da una posizione scomoda perché egli stesso era figlio di un mafioso. La sua è quindi una storia di rottura".
La sua figura è tanto più complessa, racconta, perché "non solo si schierò dalla parte dell'antimafia, ma anche dei diritti, dell'antifascismo, dell'ambientalismo, istanze sociali che lo resero divisivo. E lo è ancora oggi (per fortuna!), come dimostra la vicenda degli studenti di un Liceo di Partinico che avrebbero sostenuto di non voler intitolare il loro istituto alla memoria di Peppino e della madre Felicia".
"Un caso che da un lato ci ha amareggiato - spiega Luisa Impastato -, dall'altro è stata una occasione in più per continuare il nostro impegno, convinti che i ragazzi vadano sempre ascoltati e mai strumentalizzati".
Peppino Impastato fu anche uno scrittore, un cronista "che faceva dell'informazione una forma di resistenza. Per questo mi fa piacere che sia annoverato da Ossigeno tra i giornalisti italiani uccisi nonostante lui non fosse ufficialmente un giornalista. Ricevette la tessera dall'Ordine dopo la morte, con la data 9 maggio 1978", ricorda la nipote.
"È una figura simbolica - aggiunge Luisa Impastato - perché ha lottato per una società libera dalle oppressioni e dalle ingiustizie sociali. Se Peppino continua a ispirare l'impegno di tante e tanti si deve a chi ha continuato a raccontare la sua storia per difendere la sua memoria, in particolare a sua madre Felicia. La cultura mafiosa l'avrebbe voluta in silenzio a piangere suo figlio nelle mura di casa, lei invece scelse di aprire quelle porte e di continuare a raccontare il suo Peppino, riuscendo da un lato ad ottenere la verità giudiziaria per il suo omicidio, dall'altro a riscattare la storia del figlio, consegnandola alle generazioni successive".
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