Sicilia

L'alias e la maestra, condanne per i fedelissimi di Messina Denaro

Andrea Bonafede era accusato di associazione mafiosa e falso

Falsa carta d'identità di Messina Denaro

Redazione Ansa

Erano i suoi fedelissimi, grazie a loro Matteo Messina Denaro è riuscito a restare libero per anni, a vivere quasi indisturbato nonostante lo cercassero le forze dell'ordine di tutto il Paese, a continuare a esercitare il suo ruolo di capo, a fare affari. Arrestati dopo la cattura del padrino e processati, gli uomini e le donne del boss cominciano a fare i conti con la giustizia.

   E sono conti pesanti. Il gup ha condannato a 14 anni Andrea Bonafede, l''alter ego' di Messina Denaro, il geometra che ha prestato l'identità all'allora latitante consentendogli di curarsi, di comprare l'appartamento in cui ha vissuto per anni, di acquistare l'auto con la quale si spostava. Per il gup, che ha accolto le richieste dei pm Piero Padova e Gianluca De Leo, molto più di un semplice favoreggiatore.

   A Bonafede, infatti, è stata contestata l'associazione mafiosa. Stessa accusa per l'amante storica del capomafia, la maestra Laura Bonafede che ancora attende la sentenza, ma per la quale la Procura ha chiesto, sempre oggi, 15 anni di galera.

   Pene pesantissime di poco attenuate dalla scelta del rito abbreviato come quelle disposte nel tempo per i vivandieri del boss Lorena Lanceri, altra "amica" di Messina Denaro, e per il marito Emanuele Bonafede, cugino del geometra. Lei fedele complice, del capomafia, pronta a tutto per accudirlo e coprirlo e per aiutarlo nel tenere la corrispondenza con gli altri del clan. E la condanna è toccata nei mesi scorsi anche all'autista di Messina Denaro, Giovanni Luppino, arrestato con lui il 16 gennaio, e per un altro Bonafede, omonimo del geometra, l'uomo che faceva la spola con le ricette mediche per il capomafia.

   Quel che unisce molti dei personaggi del cerchio massimo del padrino di Castelvetrano, oltre all'appartenenza alla storica famiglia mafiosa dei Bonafede, è la dedizione assoluta verso di lui.

"La sua adorazione per Messina Denaro - scrisse il gip della maestra Bonafede- non ha alcuna possibile spiegazione razionale e trova un senso solo nella totale adesione allo spirito, gli ideali ed i comportamenti di uno dei più feroci mafiosi conosciuti in territorio italiano". Mentre il geometra, a disposizione del latitante almeno da almeno dieci anni prima della cattura, fu definito dal magistrato che ne dispose l'arresto "uomo d'onore riservato".

   Insomma ben altro che semplici complici che agivano mossi dal timore del capomafia, come hanno sostenuto nel tempo molti loro legali.

   A Bonafede i carabinieri del Ros sono arrivati nel corso delle ricerche di Messina Denaro. Dopo aver scoperto che il boss era malato, grazie alla scoperta di un pizzino a casa della sorella, hanno infatti accertato che si curava usando identità di Bonafede. Qualche mese in più c'è voluto per arrivare alla maestra (anche la figlia Martina faceva parte della rete del boss ed è ora ai domiciliari per favoreggiamento).

   Alla donna, arrestata ad aprile del 2023, inizialmente era stato contestato il reato di favoreggiamento aggravato, modificato nel corso delle indagini in quello di associazione mafiosa. Per i pm sarebbe stata un pezzo fondamentale del meccanismo che per 30 anni ha protetto la latitanza di Messina Denaro. I due, insieme alla figlia della donna, avrebbero vissuto insieme e si sarebbero comunque sempre frequentati. 

   "Eravamo una famiglia", scriveva l'ultimo stragista di Cosa nostra in un pizzino diretto a Blu, uno dei nomi in codice usati per la maestra. Lei si occupava del suo sostentamento e della sua sicurezza, gli faceva la spesa durante la pandemia nel timore che si ammalasse e non potesse uscire di casa, condivideva con lui linguaggi cifrati, segretissimi pizzini, affari e informazioni sulla cosca. 

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