(di Franco Nicastro)
(ANSA) - PALERMO, 19 LUG - La mano era quella della mafia ma
sono stati altri a fare uccidere Paolo Borsellino. Quello che
per il magistrato saltato in aria in via d'Amelio era una lucida
premonizione, confidata alla moglie, è diventata una verità
giudiziaria. Le tracce di quella "partecipazione morale e
materiale di altri soggetti" e di "gruppi di potere interessati
all'eliminazione" di Borsellino si ritrovano nei tanti processi
per la strage ma soprattutto nella sentenza su quello che gli
stessi giudici hanno definito come "il più grande depistaggio
della storia d'Italia".
Questo è scritto proprio nella sentenza sul depistaggio con
la quale il 12 luglio 2022 sono stati prescritti due
investigatori della polizia, Mario Bo e Fabrizio Mattei,
accusati di favoreggiamento, e assolto un terzo poliziotto,
Michele Ribaudo.
Tutti e tre facevano parte della squadra che indagava sulle
stragi Falcone e Borsellino. È la squadra, guidata da Arnaldo La
Barbera e coordinata dal procuratore Giovanni Tinebra, che aveva
anche creato il falso pentito Vincenzo Scarantino e lo avrebbe
indotto a lanciare accuse inventate di sana pianta. Sette
persone furono condannate all'ergastolo e poi scagionate e
infine scarcerate quando il vero pentito Gaspare Spatuzza
ricostruì un diverso scenario della strage.
In quell'indagine l'ombra dei servizi segreti è affiorata in
vari episodi. Gli 007 sono arrivati tra i primi nel luogo
dell'attentato e hanno subito messo le mani sulla borsa in cui
Borsellino teneva un'agenda rossa con le annotazioni sulle sue
indagini. L'agenda non è stata più ritrovata. E la sua
sparizione, sostengono i giudici di Caltanissetta, ha originato
l'aspetto più simbolico di una "verità nascosta o meglio non
completamente disvelata".
Un altro cono d'ombra sulla strage di via d'Amelio ha preso
corpo proprio durante il processo di Caltanissetta sul grande
depistaggio. Quattro poliziotti - Giuseppe Di Gangi, Vincenzo
Maniscaldi, Angelo Tedesco e Maurizio Zerilli - tra silenzi e
"non ricordo" avrebbero detto il falso deponendo come testi.
Ora anche loro sono finiti sotto accusa. Nel corso
dell'udienza preliminare a Caltanissetta i figli di Paolo
Borsellino - Lucia, Manfredi e Fiammetta, si sono costituiti
parte civile (lo ha fatto anche Salvatore Borsellino, il
fratello del magistrato) e hanno sollecitato la citazione, come
responsabili civili, della presidenza del Consiglio dei ministri
e del ministero dell'Interno.
Ma la citazione, hanno subito avvertito i legali dei figli di
Borsellino, è un semplice atto dovuto e non ha alcuna
implicazione politica. È una richiesta coerente, hanno detto gli
avvocati Fabio Trizzino e Vincenzo Greco, con l'eredità morale
del magistrato: "E noi siamo sempre presenti in ogni sede dove
si possa ristabilire la verità".
Proprio i legali della famiglia Borsellino hanno indicato
come una delle possibili piste da seguire quella del rapporto
del Ros su "mafia e appalti" che sarebbe stato sottovalutato
dalla Procura di Palermo guidata, all'epoca, da Pietro
Giammanco. Proprio nell'ambito di questo filone di indagine la
Procura di Caltanissetta ha aperto un'inchiesta nei confronti
dell'ex Pm del pool antimafia Gioacchino Natoli e del generale
della Guardia di Finanza Stefano Screpanti, con l'accusa di
favoreggiamento aggravato alla mafia perchè non avrebbero
utilizzato alcune intercettazioni telefoniche contenute nel
rapporto. Natoli, convocato di recente dai Pm di Caltanissetta,
si è avvalso della facoltà di non rispondere. (ANSA).
Borsellino, il più grande depistaggio della storia
L'inchiesta sul falso pentito e quella su "mafia e appalti"