(ANSA) - PALERMO, 02 GEN - L'obiettivo sarebbe quello di
approvare la riforma della dirigenza della Regione siciliana a
metà gennaio. Si tratterebbe di una "mini rivoluzione"
considerato che l'attuale normativa risale a 25 anni fa (legge
10 del 2000) e che ha rappresentato, e rappresenta tutt'ora,
un'anomalia rispetto alla legge dello Stato.
Poco prima della sessione di bilancio chiusa a ridosso di
Capodanno, la commissione Affari istituzionali dell'Assemblea
regionale, presieduta da Ignazio Abbate, ha accelerato l'esame
del testo di legge che il governo Schifani aveva depositato lo
scorso luglio. La commissione ha già acquisito gli emendamenti e
sta per chiudere le audizioni. "Dall'audizione dei sindacati è
emersa la richiesta di creare due fasce - dice Abbate all'ANSA -
Da parte mia c'è l'intenzione di chiudere tutto entro il 14
gennaio. Per noi è importante capire se modificando la proposta
del governo con la richiesta dei sindacati rischieremmo di
andare incontro al rischio di impugnativa da parte del Consiglio
dei ministri".
Il governo punta a incassare la legge in tempi brevi anche
perché tra febbraio e marzo scadranno i contratti degli attuali
dirigenti generali e con la legge attuale sarebbe complicato per
il governo procedere alle nuove nomine proprio per i paletti
imposti dalla norma vigente e richiamati più volte in passato
anche dalla Corte dei conti; inoltre nel giro di 2-3 anni la
metà dell'attuale organico dirigenziale andrà in pensione. Dalle
legge 10 del 2000 a oggi, l'organico dei dirigenti della Regione
si è ridotto drasticamente da 2.500 a 650 unità circa, con il
conseguente accorpamento di uffici e servizi per ovviare alla
carenza di personale. Non solo. C'è un'anomalia nell'anomalia:
quasi la metà degli attuali dirigenti ha il titolo di agronomo.
Insomma, con la riforma si aprirebbe la fase dei concorsi
pubblici e della riorganizzazione della macchina amministrativa
con l'immissioni di nuove competenze e professionalità. (ANSA).
Dirigenti Regione Sicilia, si va verso riforma dopo 25 anni
Ddl governo Schifani in commissione Affari istituzionali Ars