Vicenza è la capitale dell'export del Nordest. Le vendite all'estero sono la forza trainane delle sue aziende, soprattutto Pmi attive in settori di nicchia dove vince l'alta qualità. E' seconda solo a Milano nella classifica delle province esportatrici italiane, prima di gran lunga per export-pro capite. Nel 2019 ha registrato un export di 18,5 mld di euro, a fronte di un import per 9 mld. Sono i numeri illustrati oggi oggi nel corso del forum 'ANSA Incontra' con Confindustria Vicenza.
Nei primi sei mesi di questo difficile 2020 Vicenza ha realizzato esportazioni per 7,8 miliardi di euro in valore (Milano 19,1 mld); dietro alla provincia berica vi sono aree industriali come Torino (7,4 mld (Brescia (6,9), Bologna (6,8), Treviso (5,5) e Verona (5,1). Rispetto all'export vicentino i primi Paesi del mondo per valore - sempre nel primo semestre - sono Germania (1 mld), Francia (0,7 mld), Svizzera (0,6), Stati Uniti (0,6 mld), Regno Unito (0.4). Le industrie vicentine sono fortemente connesse alle catene globali del valore (la Germania, senza di esse, non potrebbe costruire un'Audi) e oltre ai tedeschi sono fornitrici di colossi Usa, Uk e francesi. Anche per questi motivi durante la crisi del 2008 Vicenza risultò la provincia italiana che seppe affrontare meglio delle altre lo shock finanziario.
Sul rischio di un 'no deal' per la Brexit "in due anni si è fatto poco o niente. Ci preoccupa ma ci stiamo preparando", ha affermato Remo Pedon, vicepresidente di Confindustria Vicenza con delega ai mercati esteri. "Già due anni fa - ha ricordato Pedon - avevamo ospitato l'ambasciatrice britannica Jill Morris per parlare di questo. Da due anni abbiamo preparato un link 'Sos Brexit' sul nostro sito, abbiamo fatto convegni per le problematiche doganali che avremo se non ci sarà un accordo. Se pensiamo che 1.400 aziende vicentine esportano nel Regno Unito per un miliardo di euro, la preoccupazione c'è, ma la preparazione anche. Attendiamo ma ci prepariamo a una situazione 'no deal'". Riguardo alle prospettive di un accordo all'ultimo minuto, Pedon ha detto: "speriamo, anche se sinceramente son due anni che aspettiamo. Il premier Johnson si sentiva forte anche per chi governava dall'altra parte dell'Atlantico. Ora Biden ha già affermato che per lui un'alleanza con l'Europa sarà importante, per cui speriamo che negli ultimi giorni si produca qualcosa che non sia impattante e difficoltoso per le imprese. Continueremo e cercheremo di fare in modo che il mercato del Regno Unito sia sempre importante per noi", ha concluso.
"Dall'ultima nostra rilevazione di ottobre il 'sentiment' sull'economia delle nostre aziende a sei mesi è migliorato, ma siamo sempre in terreno negativo", ha sottolineato, a proposito della crisi innescata dalla pandemia Covid-19, il presidente della Piccola Industria di Confindustria Vicenza con delega al credito e finanza, Mirko Bragagnolo.
"La valutazione dell'economia allo stato attuale - ha precisato Bragagnolo - è migliore di quella a sei mesi, che paga l'incertezza diffusa, il timore per la recrudescenza della pandemia e che non ci sia una soluzione a breve". Tra le criticità riscontrate dalle aziende, ha in particolare indicato "le fiere, che erano un momento di contatto per consolidare la clientela, incontrarne di nuova e i competitor. Per la nostra provincia, che è grande esportatrice di macchine utensili, c'è anche il problema delle trasferte, sia per i commerciali sia per tecnici e assemblatori. Un nostro associato, per poter fare un intervento in Australia di tre giorni ha dovuto fare una missione di 33 giorni, compresa la quarantena in andata e ritorno. Per le aziende è un continuo riorganizzare e ripianificare", ha sottolineato. Per il vicepresidente degli Industriali berici, Remo Pedon, "il Covid è stato un fulmine a ciel sereno. Eravamo partiti quest'anno con gennaio e febbraio che facevano ben sperare, poi è arrivato marzo e si sono chiuse le fabbriche. Come Confindustria Vicenza i primi provvedimenti sono stati quelli per mettere in sicurezza le fabbriche e le persone, e il supporto è stato immediato". "Non abbiamo mai registrato focolai, nelle fabbriche non ci sono assembramenti, le mense e gli uffici sono in sicurezza - ha spiegato Pedon - Nel food non abbiamo mai chiuso e siamo stati agevolati perchè abbiamo già protocolli di igiene e sicurezza, cui abbiamo aggiunto la mascherina. La volontà era massima, ma l'impatto sull'export è stato devastante: -47% ad aprile, -32% a maggio. Siamo stati vicini agli associati, immediatamente abbiamo avuto videoconferenze con i presidenti di sezione per capire il territorio, esigenze e bisogni" "E non abbiamo mai riscontrato aziende - ha concluso - che non si siano adeguate immediatamente ai Dpcm".
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