Anche lei, come Simon Wiesenthal, insegue spietati assassini. Ma a differenza del 'cacciatore' di nazisti, nel mirino di Rita Katz ci sono i fondamentalisti islamici. E il suo terreno di caccia è il Web.
Da un ufficio di Bethesda, nei sobborghi di Washington, con un piccolo team di esperti informatici la ricercatrice scandaglia la Rete 24 ore su 24 alla ricerca di post, immagini e documenti degli jihadisti. Scovando, spesso, video raccapriccianti come quello, ultimo in ordine di tempo, che testimonia la decapitazione di decine di egiziani copti su una spiaggia libica da parte dei miliziani dell'Isis.
Il gruppo di intelligence di Katz, fondato nel 2002 con il collega Josh Devon, si chiama Search for International Terrorist Entities ('Site') ed è diventato in poco tempo un vero e proprio punto di riferimento per chiunque si occupi di estremismo islamico. Soprattutto ora, con l'emergere del Califfato.
Katz è una signora che ha da poco superato i cinquant'anni. E' nata nel 1963 a Basra (seconda citta' dell'Iraq) da una famiglia ebraica. Nel 1968 il padre viene arrestato dal Regime di Saddam Hussein con l'accusa di spionaggio in favore di Israele e l'anno dopo viene impiccato in pubblica piazza. La madre di Katz - come ha raccontato il New Yorker in un lungo articolo dedicato alla sua storia - riesce a fuggire con i tre figli piccoli, prima in Iran e poi in Israele. Studia storia e scienze politiche all'università di Tel Aviv. Poi, da sposata, segue il marito (endocrinologo) a Washington.
Nella capitale degli Stati Uniti, riesce ad entrare all'Istituto di ricerca sul Medio Oriente e dopo alcuni anni decide di mettersi in proprio fondando 'Site'. Le sue analisi e le sue ricerche sono talmente accurate da essere usate anche dal governo statunitense. In alcuni casi, come ha raccontato il Washington Post, collabora con le stesse autorità (Fbi in testa) in delicate indagini contro il terrorismo su suolo americano.
''La nostra abilita' nel trovare cosi' in fretta materiali jihadisti - ha detto Katz in un'intervista concessa l'anno scorso al sito del quotidiano Yedioth Ahronot, 'Ynet' - non arriva dalla fortuna. Tracciarli e' una scienza''. Dal monitoraggio dei siti in cui avviene la condivisione di file, dei forum islamisti e da altre zone ''oscure e protette da password'' di internet, Site ritiene di aver ricostruito un quadro preciso di come l'Isis e gruppi simili operino online. Mentre i militanti hanno a lungo usato video e web per condividere i loro messaggi o le loro minacce - spiegava la Katz a Ynet - l'Isis si è concentrato sui social media come nessun altro gruppo jihadista avesse mai fatto finora: ha numerosi sostenitori che postano messaggi e contenuti su Twitter, Google, Youtube e altrove"
E' dal monitoraggio di questi messaggi che si traggono - secondo gli esperti - informazioni valide sulle strutture
organizzative. Per Site il materiale piu' usato resta sui siti ''piu' nascosti'' dei jihadisti. Ed e' su questi che i gruppi come l'Isis postano video originali e comunicati da far circolare sui social media. "C'e' uno stretto e chiaro processo attraverso il quale questi gruppi diffondono la loro propaganda. Un processo che - è la conclusione di Katz - rende facile per i follower la differenziazione tra diffusioni ufficiali e non''.
L'attività di Site non è esente da critiche. Nonostante sia spesso citato da testate autorevoli come il New York Times o il Washington Post, alcuni accusano il sito web della Katz di fare da grancassa mediatica ai fondamentalisti islamici. La fondatrice del sito, inoltre, è stata portata in tribunale da alcune associazione islamiche che l'hanno accusata di aver diffamato il loro operato. Su diversi siti web, infine, l'analista è accusata di essere una spia del Mossad, il servizio segreto israeliano, ma senza che vi sia alcuna prova in merito.
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