A 33 anni è pronta al suo terzo matrimonio, ma promette che se non gli anticipano i primi mille euro non partirà per il Cairo. A parlare all’ANSA è S.
“Non lavoro e non mi sento una delinquente, questa è una cosa sicura. Non è un reato e se vengo pagata non vedo cosa ci sia di male – dice -. La prima volta ho persino sposato un transessuale brasiliano qui a Roma, così ora è nella Capitale. Poi abbiamo aspettato che passasse un po’ di tempo e abbiamo divorziato”. Al suo secondo matrimonio, con un africano, invece P. non ha preso soldi: “l’ho fatto per mia figlia e anche se non amavo più il padre della bambina, gli ho dato la possibilità di restare a Roma. Tanto sapevo già come funziona”. Ora aspetta un biglietto per le nuove nozze al Cairo, mille euro in contanti come anticipo e la rassicurazione dal suo ‘broker’, un italiano che a sua volta si è sposato in Iran, attraverso lo stesso sistema, con una donna eritrea. Lui sapeva che “lei è la persona giusta per questo tipo di cose”. “Ma quando tornerò comprerò un po’ di cose per mia figlia. Le nozze sono una cosa, l’amore un’altra. Per me non conta nessuna delle due, tantomeno degli immigrati. Mi interessa solo tirare avanti”.
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