"Non c'è libertà quando la donna a lavoro è vittima di violenze fisiche o morali o viene costretta a spazi di sofferenza. La violenza sulle donne è ancora una piaga della nostra società, che si ritiene moderna, e va contrastata con tutte le energie di cui disponiamo e con la severità di cui siamo capaci, senza mai cedere all'egoismo dell'indifferenza". Lo afferma il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al Quirinale alla celebrazione della Festa della Donna.
"Senza un aumento del lavoro femminile - sottolinea il presidente -, il paese non avrà la crescita che tutti speriamo e non potremo parlare davvero di uscita dalla crisi. Non è vero che il lavoro allontana la donna dalla maternità. E' vero il contrario: proprio l'aumento del lavoro femminile può diventare un fattore favorevole alle nascite. Le politiche per la famiglia, comprese quelle di conciliazione dei tempi di sua cura con quelli di lavoro, sono un contributo essenziale allo sviluppo equilibrato e sostenibile del paese".
"Abbiamo ancora tanto da fare per abbattere gli ostacoli concreti che si frappongono alla libertà di tante, troppo donne", aggiunge Mattarella. "Mi auguro che la rafforzata presenza delle donne nelle istituzioni, nelle aziende, nelle università, nelle associazioni sociali, nei partiti, nei sindacati contribuisca a superare vecchie barriere culturali che non hanno più ragione di essere", aggiunge il capo dello Stato.
"Sappiamo che la strada per la piena parità tra uomini e donne è ancora lunga ma per fortuna sappiamo anche che siamo in marcia". Lo afferma il ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, alla cerimonia al Quirinale. "Questa grande conquista del voto alle donne - aggiunge - si raggiunse però anche in un clima di diffidenza che ci ricorda quello che con il quale a volte vengono accolte le riforme istituzionali ancora oggi. Un importante quotidiano nazionale dell'epoca titolava in modo un po' sarcastico sottolineando che in un momento in cui non c'era il pane, ci si occupava del voto alle donne".
Le disparità di genere nella società e nel mondo del lavoro hanno un impatto "sostanziale" sull'economia globale, con un costo in termini di reddito di circa 12 mila miliardi di dollari, pari al 16% del Pil mondiale. Lo calcola il Centro per lo sviluppo dell'Ocse, in uno studio pubblicato in occasione della giornata della donna.
La discriminazione nei confronti delle donne, sottolinea la presentazione dello studio, genera un duplice effetto negativo, perche' "riduce sia il livello del capitale umano femminile, sia la partecipazione alla forza lavoro e la produttivita' totale". Se si riuscisse ad eliminarla e a raggiungere la parita' di genere, calcola sempre l'Ocse, nel 2030 il reddito pro capite medio mondiale arriverebbe a 9.142 dollari, ben 764 dollari in piu' di quello che si potrebbe ottenere se i livelli di discriminazione restassero quelli odierni. Un effetto che sarebbe benefico soprattutto per i Paesi meno sviluppati, che oggi subiscono piu' pesantemente l'impatto della limitata partecipazione femminile al mondo del lavoro sul loro reddito nazionale. Per questi motivi, conclude l'organizzazione parigina, "eliminare la discriminazione verso le donne e promuovere le pari opportunita' sono sia scelte economicamente intelligenti, sia leve importanti per una crescita sostenibile ed inclusiva".
Sono il 29% le donne che occupano posizioni manageriali nelle aziende italiane. Il dato italiano del 2016 segna un +3% rispetto al 2015, e si posiziona al decimo posto nella classifica mondiale. E' quanto risulta dal Rapporto del centro studi internazionali IBR (International Business Center) del network Grant Thornton International, diffuso in occasione dell'8 marzo che sottolinea come a fronte di un trend in crescita delle donne nel management delle aziende, il ruolo di amministratore delegato ha un andamento inverso, le donne sono solo l'11%, nel 2015 era il 14%. Il 36% delle aziende italiane non ha donne in ruoli di direzione, il dato è in calo rispetto al 40% del 2015. I paesi del G7 rilevano i dato peggiore con solo il 22% dei ruoli senior occupati da donne e il 39% delle imprese senza le donne in ruoli di alto livello. I paesi che hanno rilevato il dato più basso sono il Giappone, con solo il 7% ruoli di alto livello tenuti da donne, e la Germania, con il 15%. L'Europa orientale e i paesi ASEAN riportano le più alte percentuali di donne nella leadership al 35% e 34%, rispettivamente, e solo il 16% e il 21% delle imprese con nessuna donna in direzione. La Russia si posiziona in cima alla lista dei singoli paesi con il 45% dei ruoli senior occupati dalle donne, seguita da Filippine a 39%, dove solo il 9% delle imprese non hanno le donne nel top management.
E nell'Ue guadagnano il 16% in meno degli uomini. Ma l'Italia è virtuosa
Celebrazioni e annunci per la festa della donna, ma continua ad esserci un gap in Europa tra donne e uomini sul lavoro, sia per lo stipendio che nella scelta o meno del part-time, che aumenta con il numero di figli. L'Italia resta però tra i Paesi 'virtuosi' per uno degli scarti salariali minori registrati tra i 28, mentre si trova a metà classifica per numero di donne con figli che finiscono per scegliere di lavorare a tempo parziale. E' quanto emerge dai dati Eurostat diffusi in occasione dell'8 marzo.
In media nell'Ue una donna a pari mansioni di un uomo guadagna il 16,1% in meno (cifre 2014): i paesi che più discriminano sono Estonia (28,3%), Austria (22,9%), Repubblica ceca (22,1%), Germania (21,6%) e Slovacchia (21,1%). L'Italia è invece tra i 'primi della classe', con una differenza di stipendio tra uomo e donna solo del 6,5% terza dietro Slovenia (2,9%) e Malta (4,5%), e seguita da Polonia (7,7%), Lussemburgo (8,6%) e Belgio (9,9%).
Le donne lavorano inoltre molto più part-time che gli uomini, e più hanno figli più aumentano i part-time: la media Ue registra il 20% di donne che lavorano a tempo parziale, percentuale che sale al 31,% con un figlio, a 39,2% con due e a 45,1% con tre o più. Per gli uomini, invece, è dell'8,2% per chi è senza figli, e scende a 5,1% con un figlio, 4,8% con due mentre sale a 7% con tre o più. L'Italia si situa sopra la media Ue ma in posizione intermedia, con 27,8% per le donne senza bambini, al 35,7% con uno, al 42,1% con due e al 45,1% con tre o più. I Paesi in cui è più alta la correlazione donna-madre-riduzione del tempo di lavoro sono la Germania (25,3% di part-time per le tedesche senza figli, che schizza a 59,4% quelle con un figlio, 74,6% con due, 77,8% con tre o più), poi Austria (rispettivamente 28,9%, su a 57,8%, 73,1% e 73,2%), Gran Bretagna (16,3%, poi 44,5%, 58,2% e 62%) e Olanda (53,6%, e su a 78,7%, 86,1%, e 87,3%).
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