Undici ore complessive di interrogatorio. Un atto istruttorio fiume per Luca Parnasi, il costruttore finito in carcere nell'inchiesta sul nuovo stadio della Roma. Dichiarazioni raccolte in una saletta del carcere di Rebibbia che potrebbero rappresentare uno snodo importante nel procedimento e portare a clamorosi sviluppi. Un confronto con gli inquirenti diviso in due tranche, terminato oggi intorno alle 15, durante il quale l'indagato avrebbe risposto a tutte le contestazioni presenti nell'ordinanza di custodia cautelare. Il rapporto con l'ex presidente di Acea, Luca Lanzalone e il finanziamento alla politica in cui "venivano pagati tutti i partiti": queste le due 'macroaree' in cui si è consumato l'interrogatorio svolto alla presenza del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del sostituto Barbarza Zuin. In riferimento a Lanzalone, il costruttore romano avrebbe ammesso di "aver coltivato" il rapporto in quanto figura importante in seno all'amministrazione capitolina e molto ascoltato dagli M5S.
Secondo l'impianto accusatorio, Parnasi avrebbe offerto all'avvocato genovese una serie di utilità mascherate da consulenze in favore del suo studio legale. Parnasi entra in contatto con Lanzalone nel gennaio del 2017, quando l'ex presidente di Acea siede al tavolo della trattativa per l'abbattimento delle cubature nel progetto per lo stadio. Per gli inquirenti il "legame tra Parnasi e Lanzalone è basato su continui scambi di favore, paragonabile quasi ad un contratto di servizi a somministrazione periodica". Per chi indaga "il ricorso alle utilità in favore di Lanzalone viene da questi ricambiato mediante il proprio interessamento su questioni istituzionali ricadenti nella sfera degli interessi economici di Parnasi". Ampia parte dell'interrogatorio è stata dedicata ai rapporti con la politica e a quella forma di finanziamento pulviscolare che gli inquirenti hanno ribattezzato come "sistema Parnasi". "Ho pagato tutti", avrebbe ammesso il 41enne costruttore e con gli inquirenti avrebbe passato in rassegna tutte le dazioni di denaro citate nell'ordinanza, tutti pagamenti in chiaro, cercando di fornire spiegazioni sia sugli importi che sulle ragioni del finanziamento.
Dazioni fatte per un tornaconto personale, per accreditarsi, per avere rapporti con tutti i partiti. Parnasi in una delle tante intercettazioni presenti negli atti ammette che si tratta di "un investimento molto moderato rispetto a quanto facevo in passato quando ho speso cifre che manco te racconto pero' la sostanza è che la mia forza è quella che alzo il telefono...". In base all'impianto accusatorio, il gruppo Parnasi avrebbe garantito finanziamenti a molte formazioni politiche o ad organizzazioni ad esse vicine. Nelle carte vengono citati i 250 mila euro erogati, tramite una società del gruppo, all'associazione "Piu' Voci" vicina alla Lega. E' lo stesso Parnasi ad ammettere nelle intercettazioni il suo modus operandi. In un dialogo si lamenta del fatto di dover "elargire somme ai politici" per avere "le autorizzazioni". In un passaggio il costruttore precisa: "domani c'ho un altro meeting dei Cinque stelle, perche' pure ai Cinque Stelle gliel'ho dovuti dare"
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