Ventitre ragioni, raccolte in oltre 600 pagine, per cercare di scongiurare, davanti alla Corte di Cassazione, la conferma di un ergastolo a Massimo Bossetti, muratore del Mapello (Bergamo) per un delitto che i giudici che l'hanno condannato per due volte hanno definito di "inaudita gravità e commesso "vigliaccamente" ai danni di "una ragazzina debole e indifesa, aggredita per motivi sicuramente spregevoli".
Quella ragazzina era Yara Gambirasio, 13 anni, promessa della ginnastica artistica, scomparsa in un piovoso pomeriggio del 26 novembre del 2010 a Brembate di Sopra e trovata uccisa tre mesi dopo, in un Campo di Chignolo d'Isola, a qualche chilometro di distanza dalla sua abitazione.
La Suprema Corte riesamina il caso del muratore, in carcere dal 14 giugno del 2014, e i suoi avvocati, Claudio Salvagni e Paolo Camporini, in un ricorso di 600 pagine chiedono che l'ultima sentenza al carcere a vita sia annullata. Troppi i dubbi e le storture che, a loro avviso, caratterizzano la formazione della principale prova a carico di Bossetti: il Dna trovato sul corpo della ragazza che corrisponde, secondo due processi, a quello dell'imputato. Aspetti formali e sostanziali, secondo Salvagni e Camporini, a cominciare dal fatto che, quando fu estratto, si era in presenza di un indagato (il marocchino Fikri che fu poi scagionato) e, poiché non vi è stata alcuna forma di contraddittorio quell'elemento non può essere usato anche contro Bossetti. Il trattamento della famosa traccia 31 G20, inizialmente di Ignoto 1 e che la comparazione stabilì essere di Bossetti non ha rispettato le cosiddette 'best practices' previste dalla comunità scientifica che, di recente, la stessa comunità ha ufficialmente approvato.
Gli stessi presunti vizi che minerebbero la validità della prova genetica (a cui la difesa aggiunge la mancata corrispondenza tra il Dna nucleare attribuito a Bossetti e quello mitocondriale in cui non è stato possibile trovare traccia dell'imputato) sono estesi dai legali a tutti quegli indizi, che due corti hanno ritenuto "gravi, precisi e concordanti" che costituiscono il corollario al Dna: la compatibilità delle fibre dei sedili del furgone di Bossetti con quelle trovate sul corpo della ragazza, le immagini riprese dalle telecamere del mezzo che i legali sostengono non fosse del muratore.
La difesa attacca insomma, su quelle ordinanze che esclusero la richiesta di numerose perizie, lamentando la loro carenza di motivazione. In questo modo, auspicano gli avvocati, sarebbe la Cassazione a disporre un nuovo processo, invitando i giudici a disporre quelle perizie, o ad annullare la sentenza senza rinvio. Bossetti non sarà in aula in quanto le parti private, in Cassazione, possono intervenire solo tramite i propri difensori.
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