Villa Giorgina, nel quartiere Pinciano, a Roma, è la sede della nunziatura apostolica in Italia. Il parco circostante occupa un'area di 20.000 metri quadrati ed è delimitato da un muro di cinta lungo via Po, via Salaria, largo Ponchielli, via Peri e via Caccini. L'edificio non è aperto al pubblico. L'edificio in stile neoclassico fu costruito nel 1920 dall'architetto Clemente Busiri Vici. La costruzione mostra anche reminiscenze del XVII e XVIII secolo, con largo uso di materiale architettonico dell'antichità.
Il portale dell'ingresso proviene da Villa Doria Pamphilj e riporta l'iscrizione latina "Inter Sidereos Roma Recepta Polos", tratta dal poema "De reditu suo" di Claudio Rutilio Namaziano del V secolo. Il parco è occupato da piante quali cedri, palme, pini romani, accompagnate da numerose fontane. Dopo la firma dei Patti Lateranensi nel 1929, la prima sede della nunziatura della Santa Sede in Italia fu una villa lungo via Nomentana, oggi occupata dall'ambasciata libica. La sede attuale fu donata da Isaia Levi, industriale torinese e senatore, che si convertì al cattolicesimo e lasciò in eredità la propria residenza romana a Pio XII nel 1949, riconoscente per essersi salvato dalle persecuzioni razziali grazie all'opera del papa.
Levi, figlio di ebrei, sposato con un'ebrea, Nella Coen, figlia dello storico Achille Coen, seppe gestire con grande abilità l'impresa di famiglia (produzione di tessuti), che consolidò e ampliò estendendola alla confezione e alla grande distribuzione. Già al tempo del primo conflitto mondiale il suo giro d'affari era notevole e poteva disporre di un consistente patrimonio immobiliare. Uomo intraprendente, allargò i suoi interessi anche al campo cinematografico, elettrico e bancario: fondò la ditta "Penne Aurora" e fu presidente della Società Editrice Zanichelli.
Fu un abilissimo uomo d'affari e poteva contare anche su una fitta rete di utili relazioni. Si iscrisse nel 1925 al Partito nazionale fascista (PNF), che non rinnegò mai, fu nominato Cavaliere del Lavoro, Commendatore e Grande Ufficiale della Corona d'Italia e, nel 1933, Senatore. In seguito alla promulgazione delle leggi razziali del 14 luglio del 1938 dovette rinunciare a molte delle cariche che ricopriva ma riuscì ad ottenere dall'apposita Commissione del Ministero degli Interni, lui totalmente e inequivocabilmente ebreo, la sorprendente e preziosissima dichiarazione di "non appartenente alla razza ebraica", cosa che gli permise una tranquilla gestione dei suoi affari e della sua vita.
Il senatore Levi morì nel 1949 senza lasciare eredi diretti. Nel testamento non lasciò nulla alla "diletta consorte", ma tutto fece in ricordo della sua bambina Giorgina, unica sua figlia, morta precocemente di leucemia. Per sua volontà una parte ingente del patrimonio (nel 1949 oltre quattro miliardi di lire) fu destinato, pur con alcuni strascichi giudiziari, alla Santa Sede. Gran parte della vita e dei gesti di quest'uomo rivelano l'immenso dolore di un padre e il desiderio di perpetuare il ricordo della sua unica figlia. Fu papa Giovanni XXIII a spostarvi gli uffici della nunziatura nella sede attuale. La villa è descritta da Alberto Moravia ne "Gli indifferenti": si trovava di fronte alla residenza dello scrittore durante gli anni della sua infanzia. Tanti i nunzi che si sono succeduti nella storia della villa; tra quelli presenti all'epoca del rapimento di Emanuela Orlandi, anche l'arcivescovo Romolo Carboni.
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