Non solo omofobia, sessismo, razzismo. Anche abilismo.
"Avere l'assistente personale è soltanto un modo come un altro di vivere", dice Elena.
In Italia non esiste una legge nazionale che garantisce la presenza di questa figura professionale, anche se - come ricorda Elena - la Convenzione Onu sui diritti delle persone disabili ratificata da noi nel 2009 ne parla chiaramente. Ogni regione è lasciata libera di legiferare in materia, "il che si traduce in una sostanziale indifferenza e pochi fondi". Le persone disabili hanno solo tre opzioni: pagarsi l'assistente di tasca propria, dipendere dalla famiglia o dagli amici, finire rinchiusi in una casa di cura, "luoghi simili alle prigioni, salvo che le persone che vi risiedono non hanno commesso alcun reato".
Nessun contatto finora della rete con le istituzioni nazionali, tanto meno con il neonato Ministero della disabilità: "Purtroppo - afferma Elena - un governo che attacca le minoranze, migranti, rom o donne, non promette bene neanche per le persone disabili". Nel primo anno di attività, 'Liberi di fare' ha dato origine ad alcuni sedi locali e ha promosso in una ventina di città due manifestazioni, cortei festosi con colori e slogan positivi, una sorta di mini Pride. Una terza manifestazione è in programma per la prossima primavera.
Intanto, è impegnata nella formazione, in incontri nelle scuole, nella condivisione di buone pratiche di advocacy (www.liberidifare.it). In cantiere anche un corso diretto a giornalisti su come parlare di disabilità.
Si chiama 'abilismo', si legge 'diritti civili mancati'
'Liberi di fare' lotta per assistente personale per disabili