Il 102/o Giro d'Italia di ciclismo è più aperto di prima; la maglia rosa, sulle spalle di Richard Carapaz, è tutt'altro che sbiadita; Vincenzo Nibali è in forma e appare in grado di giocarsela fino all'ultimo chilometro di domenica 2 giugno a Verona. Sono questi i verdetti della 15/a tappa odierna, da Ivrea a Como, che ha chiuso la seconda settimana di corsa, introducendo la terza e ultima. Giochi aperti su ogni fronte, perché il ciclismo non lo fanno solo i corridori con le proprie imprese, o la strada, come dicono i saggi, ma anche gli episodi. Nella frazione odierna, che è stata vinta dall'abruzzese Dario Cataldo - bravo a precedere sul traguardo il compagno d'avventura Mattia Cattaneo - dopo una folle fuga di 200 chilometri, se n'è avuta conferma. I due fuggitivi, e protagonisti fino alla fine di un'impresa da antologia dello sport, meriterebbero fiumi di parole, se non fosse che l'attenzione era concentrata tutta nell'altra corsa: quella che metteva uno di fianco - o davanti - all'altro tutti i big, riservando sorprese, rovesci e quant'altro rende il ciclismo uno sport meraviglioso. Già, perché, mentre Cataldo e Cattaneo gestivano il loro vantaggio, vedendolo scendere pericolosamente da un quarto d'ora a una manciata di secondi (alla fine la miseria di 11"), Carapaz, Nibali, Roglic, Simon Yates, Lopez, Landa, inseriti nella top ten del Giro d'Italia, se le suonavano di santa ragione. Con il caso che ha messo del suo, a un certo punto. Infatti, il glaciale Roglic, quando mancavano una ventina di chilometri alla conclusione, proprio nel tratto che precedeva il Civiglio, ha forato ed è stato costretto a farsi prestare la bici da un gregario, l'olandese Antwan Tolhoek. Trovandosi costretto a procedere con un mezzo non adeguato alle proprie caratteristiche, perché tarato su un altro corridore, lo sloveno è andato in difficoltà e, sebbene sia riuscito a riguadagnare i secondi persi sul gruppetto che lo precedeva, sulla salita finale ha pagato.
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