Cronaca

Medico a scuola, piace a esperti e politici

Mentre è polemica sulle mascherine e la misurazione della febbre

Controllo della distanza tra i banchi nelle aule

Redazione Ansa

Che si tratti di un medico o di un infermiere, la figura dell'esperto di salute presente nelle scuole piace sia agli esperti che ai politici, dal sottosegretario alla Salute Sandra Zampa al direttore del Dipartimento Malattie infettive dell'Ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli. Mentre in vista dell'inizio dell'anno scolastico, proseguono le polemiche sull'uso delle mascherine in classe e la misurazione della febbre a casa.   Tra gli insegnamenti utili che dalla pandemia si potrebbero ereditare, secondo il sottosegretario Zampa, vi è quello di "ripensare anche la medicina scolastica. Molti bambini si trovano in una situazione di povertà relativa o assoluta. Che diventa spesso anche povertà di salute. La medicina scolastica aiuterebbe a farli crescere sani". L'ipotesi era stata sostenuta nelle settimane passate anche dal viceministro Pierpaolo Sileri ed è vista con favore anche dagli esperti. "Ci siamo lasciati alle spalle la medicina scolastica, è il momento di ripristinarla", sostiene Massimo Galli, per mesi in prima linea contro l'emergenza Covid-19. "Di certo - aggiunge Alberto Villani, presidente della Società Italiana di Pediatria (Sip) - la presenza di un medico a scuola sarebbe utile per promuovere prevenzione, ma non ci sono ad oggi medici sufficienti. Per questo una figura sanitaria di riferimento come quella dell'infermiere scolastico potrebbe essere un'ottima soluzione".
    Più ancora, però, è importante l'educazione sanitaria. "Da tempo - prosegue - chiediamo che venga introdotta nelle scuole di ogni ordine e grado. Avrebbe un effetto positivo su tutta la famiglia e aiuterebbe ad avere cittadini più preparati rispetto ad igiene, benessere, vaccinazioni, alimentazione".
    Restano invece molte le divergenze riguardo alle indicazioni per la riapertura delle scuole, a partire dalla misurazione della temperatura corporea dei bambini effettuata a casa da parte dei genitori. "Non funziona, non può funzionare" secondo Galli, "se vogliamo che questo dato abbia un minimo di significato e sia standardizzato, ovvero dia una informazione affidabile, la febbre va misurata a scuola. I termometri quante tarature diverse hanno? Quante diverse interpretazioni e quanta attenzione giorno per giorno ci possiamo aspettare dai cittadini?". La scelta è invece corretta e di buon senso secondo Zampa e secondo Villani: "è giusto responsabilizzare le famiglie sullo stato di salute dei figli, non si può delegare tutto", spiega il presidente Sip.
    L'altro fronte della polemica riguarda l'utilizzo di mascherine in classe già a partire dalla prima elementare. Non usa mezzi termini Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, che definisce "ipocrita chi pensa che a un bambino di 6 anni si possa tenere la mascherina per 6 o 8 ore al giorno. Basta entrare in una scuola per vedere che mette la mascherina e dopo un quarto d'ora se la leva". Diversa, però, la posizioni di chi i bambini li cura. "Noi - conclude il presidente della Sip - l'avevamo prevista addirittura dai 3 anni in su. Se educati anche i piccoli la indossano e basta guardarsi intorno per vedere che non mancano esempi. Viceversa, se hanno genitori a cui non importa nulla, anche loro saranno portati a fare lo stesso".
   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it