Le polemiche contro Matteo Renzi per la sua vicinanza al principe saudita Bin Salman accusato, anche dalla Cia, di aver ordinato l'uccisione del giornalista Jamal Kashoggi non si placano e continua il coro di critiche.
"Se l'Italia vuole conservare un accettabile grado di credibilità nel contesto internazionale, deve stringere un cordone sanitario intorno a sortite come quella "araba" di Matteo Renzi, ricordandogli che essere stato presidente del Consiglio comporta oneri anche quando si è cessati dalla carica e che essere parlamentari di una Repubblica democratica non è compatibile - eticamente e politicamente - con l'adulazione dei despoti". Lo sostiene Questione Giustizia, la rivista di Magistratura democratica,la corrente di sinistra delle toghe,in un articolo intitolato "Legittimare un despota? e per un piatto di lenticchie?" dopo il rapporto dell'intelligence Usa secondo cui l'omicidio del giornalista Kashoggi, era stato autorizzato dal principe saudita Muhammad bin Salman. "La visita di Matteo Renzi aveva uno scopo preciso: legittimare un governante screditato sulla scena internazionale, rinsaldando il suo potere all'interno del Paese e mostrandolo ai suoi sudditi come interlocutore privilegiato di chi ha ricoperto altissimi incarichi istituzionali in un grande Paese democratico. Che queste finalità, come è più che probabile, non siano state raggiunte non attenua la gravità dell'atto compiuto e non mitiga la responsabilità politica dell'inqualificabile iniziativa- rileva il direttore della rivista, Nello Rossi, che firma l'articolo - Si è assistito ad una svendita a prezzi di saldo non dell'immagine di Matteo Renzi ma di quella del nostro Paese, messo in evidente imbarazzo dalla sconcertante performance televisiva di un suo esponente politico di primo piano". "Non vendere la primogenitura per un piatto di lenticchie è il minimo che si deve a quanti per la Repubblica democratica hanno lavorato, lottato, sofferto e persino dato la vita ed a coloro che sono impegnati, in ogni parte del mondo, nella salvaguardia del diritto e dei diritti, di contro alla violenza e alla sopraffazione", conclude Rossi.
"Ieri sera Renzi ha risposto a se stesso ponendosi domande che nessuno gli aveva posto. Eludendo ancora una volta il cuore del problema". Lo afferma il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni. "Rimaniamo in attesa della conferenza stampa promessa da Renzi - prosegue il leader di SI - dove possa rispondere alle domande dei giornalisti. Per ora - conclude - rimane l'imbarazzante situazione di un parlamentare della Repubblica italiana per i suoi rapporti economici con un altro Paese, peraltro un regime illiberale e che si è macchiato di crimini atroci".
"Gentile Presidente, come cittadino mi rivolgo a Lei per invitarLa a promuovere una procedura di applicazione dell'art. 54 della Costituzione nei confronti del senatore Matteo Renzi". E' quanto si legge in una lettera inviata a Elisabetta Casellati di Gian Giacomo Migone, Presidente della Commissione Affari Esteri, Emigrazione del Senato della Repubblica tra il 1994 e il 2001. Migone ricorda come quell'articolo, al comma 2 "statuisce che 'I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore...'. È del tutto evidente che l'appartenenza, riaffermata e conclamata da Matteo Renzi, al consiglio direttivo del "Future Investment Initiative", presieduto da Mohamad bin Salman, principe ereditario del Regno dell'Arabia Saudita, sia incompatibile con tale norma e con la sua stessa posizione di senatore della Repubblica Italiana. A prescindere da ogni considerazione di opportunità etica e politica - osserva Migone - si tratta, addirittura di conflitto d'interesse tra due stati sovrani. Ne consegue che il Senato, da Lei presieduto e opportunamente istruito, avrà modo di offrire al senatore Renzi libertà di scegliere se 'sottomettersi o dimettersi' ".
"Ho detto con chiarezza quello che penso su Renzi e Arabia Saudita. Ma invece di continuare questa discussione all'infinito sarebbe meglio varare una norma che vieti ad un rappresentante in carica di percepire soldi direttamente o indirettamente da un Governo straniero". Lo scrive su Twitter il leader di Azione Carlo Calenda. "Questa norma esiste per i partiti relativamente a tutti i soggetti stranieri. Tanto più dovrebbe valere per redditi personali. Un Governo può decidere di avere rapporti con un regime totalitario, un parlamentare non può essere sul libro paga di un Governo o di enti controllati", aggiunge Calenda.
"Un mese fa Matteo Renzi dichiarava che avrebbe chiarito, una volta risolta la crisi di governo da lui irresponsabilmente provocata, la natura dei rapporti con il principe saudita Mohammad bin Salman. Così ce lo ricordiamo mentre esortava - invocando trasparenza - altri leader a riferire pubblicamente, non sui canali social. Quindi adesso poche chiacchiere. Pretendiamo che convochi formalmente una conferenza stampa per rispondere alle domande dei giornalisti, piuttosto che fare comodi monologhi. Qui non si tratta di generici rapporti diplomatici con l'Arabia Saudita - come vorrebbe farci credere - ma di qualcosa di più opaco: com'è possibile che un senatore della Repubblica, rappresentante del popolo italiano, sia membro di un board della fondazione saudita, che lo paga, stando a fonti stampa, fino a 80mila dollari l'anno, e che abbia rapporti di natura economica con MbS, un principe accusato di aver autorizzato l'uccisione del giornalista dissidente Jamal Khashoggi. Renzi non scappi dalle sue responsabilità". Lo dichiarano in una nota i deputati del MoVimento 5 Stelle in commissione Esteri.
"Ricevo molti attacchi da PD, Leu e soprattutto Cinque Stelle che, strumentalizzando una tragedia come quella dell'uccisione del giornalista saudita Khashoggi, mi invitano a chiarire rispetto alla mia partecipazione all'evento 'Neo-Renaissance' di Riyad" aveva scritto Matteo Renzi sua enews, rispondendo alle polemiche.
A chi gli chiede se svolga "attività stile conferenze o partecipazione ad advisory board o attività culturali o incarichi di docente presso università fuori dall'Italia", Renzi risponde che "sì" lo fa, che "sono previste dalla legge" e che riceve "un compenso sul quale pago le tasse in Italia. La mia dichiarazione dei redditi è pubblica. Tutto è perfettamente legale e legittimo", spiega.
Poi, parlando del programma Vision2030, Renzi spiega che "rispettare i diritti umani è una esigenza che va sostenuta in Arabia Saudita come in Cina, come in Russia, come in tutto il Medio Oriente, come in Turchia. Ma chi conosce il punto dal quale il regime saudita partiva sa benissimo che Vision 2030 è la più importante occasione per sviluppare innovazione e per allargare i diritti".
Riguardo la vicenda Khashoggi, afferma ancora, "ho condannato già tre anni fa quel tragico evento -e l'ho fatto anche nelle interviste" e "su tutti i giornali del mondo. Difendere i giornalisti in pericolo di vita è un dovere per tutti. Io l'ho fatto sempre, anche quando sono rimasto solo, come nel Consiglio Europeo del 2015, per i giornalisti turchi arrestati. Difendere la libertà dei giornalisti è un dovere, ovunque, dall'Arabia Saudita all'Iran, dalla Russia alla Turchia, dal Venezuela a Cuba, alla Cina".
"Sì. Non solo è giusto, ma è anche necessario. L'Arabia Saudita è un baluardo contro l'estremismo islamico ed è uno dei principali alleati dell'Occidente da decenni. Anche in queste ore - segnate dalla dura polemica sulla vicenda Khashoggi - il Presidente Biden ha riaffermato la necessità di questa amicizia in una telefonata al Re Salman. Ma Biden ha chiesto giustamente di fare di più. Soprattutto sulla questione del rispetto dei giornalisti", ha aggiunto Renzi
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