Ai tre arrestati per l'incidente alla funivia del Mottarono sono contestati fatti di "straordinaria gravità" per la loro "deliberata volontà" di bloccare i freni di emergenza "per ragione di carattere economico e in assoluto spregio delle più basilari regole di sicurezza". Lo scrive la Procura di Verbania nel decreto di fermo dei tre, sottolineando il capo servizio della funivia, "ha ammesso di avere deliberatamente e ripetutamente inserito i dispositivi blocca freni (forchettoni), disattivando il sistema frenante di emergenza", mentre il direttore di esercizio e l'amministratore locale non hanno agito "per consentire i necessari interventi di manutenzione". Respira da solo ma non è ancora completamente cosciente Eitan, il bimbo unico sopravvissuto della strage. In Israele i funerali dei genitori e del fratellino. Nel primo pomeriggio a Varese quelli di altre due delle 14 vittime.
Fissati per sabato mattina gli interrogatori dei tre fermati - Sono stati fissati per sabato mattina gli interrogatori di convalida dei tre fermati per l'incidente della funivia del Mottarone. Luigi Nerini, proprietario di Ferrovie del Mottarone, il direttore dell'esercizio Enrico Perocchio e il capo servizio Gabriele Tadini compariranno davanti al gip Donatella Banci Buonamici, che è anche presidente dell'ufficio. Il giudice si recherà alle 9 nel carcere della cittadina sulla sponda piemontese del Lago Maggiore e comincerà con Tadini. Dovrà decidere sulla richiesta di convalida del fermo e di arresto avanzata dalla Procura.
Mottarone: Leitner spa, ci costituiremo parte civile - Leitner SpA si costituirà parte civile nel procedimento giudiziario per la tragedia di domenica sulla funivia Stresa-Mottarone. Lo annuncia la stessa azienda di Vipiteno. "La manomissione degli impianti di sicurezza che ha portato alla tragica morte di 14 persone - dichiara Anton Seeber, presidente di Leitner SpA - è un atto gravissimo. L'utilizzo dei cosiddetti forchettoni è espressamente vietato con persone a bordo. Per tutelare l'immagine dell'azienda, dei suoi collaboratori e di tutto il settore abbiamo deciso che ci costituiremo parte civile. Eventuali risarcimenti verranno devoluti alle famiglie delle vittime".
Leitner, 30 aprile fatti controlli a freni - Ribadendo di aver "sempre risposto con tempestività a ogni richiesta di intervento da parte del gestore", Leitner ha reso noti gli ultimi due interventi alla Stresa-Mottarone. "Una società incaricata da Leitner ha effettuato il 30 aprile 2021 (con comunicazione degli esiti datata 3 maggio 2021) controlli ai freni vettura, con verifiche di funzionalità, senza riscontrare problemi e procedendo alla ricarica degli accumulatori delle centraline idrauliche che azionano i freni sulla fune portante. Da quel giorno a Leitner non sono arrivate altre richieste d'intervento e segnalazioni in merito a malfunzionamenti dell'impianto frenante".
Per la procura di Verbania che indaga sull'incidente del Mottarone, "sussiste il pericolo concreto e prevedibilmente prossimo della volontà degli indagati di sottrarsi alle conseguenze processuali e giudiziarie delle condotte contestate, allontanandosi dai rispettivi domicili e rendendosi irreperibili". Lo si legge nel decreto di fermo disposto nei confronti di Luigi Nerini, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, rispettivamente amministratore unico, direttore di esercizio e capo servizio della funivia crollata domenica scorsa causando la morte di quattordici persone.
Gabriele Tadini, capo servizio della funivia del Mottarone, "ha ammesso di avere deliberatamente e ripetutamente inserito i dispositivi blocca freni (forchettoni), disattivando il sistema frenante di emergenza". Una condotta "di cui erano stati ripetutamente informati" Enrico Perocchio e Luigi Nerini, direttore di esercizio e amministratore di Ferrovie del Mottarone, che "avvallavano tale scelta e non si attivavano per consentire i necessari interventi di manutenzione che avrebbero richiesto il fermo dell'impianto, con ripercussioni di carattere economico". "I fatti contestati sono di straordinaria gravità in ragione della deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi di sicurezza dell'impianto di trasporto per ragione di carattere economico e in assoluto spregio delle più basilari regole di sicurezza finalizzate alla tutela dell'incolumità e della vita" dei passeggeri. Lo scrive la procura di Verbania nel decreto di fermo.
Sottolineano la "sconsiderata condotta" che "ha determinato" la "morte di quattordici persone e lesioni gravissime a un minore di cinque anni" i magistrati della procura di Verbania. I pm rilevano che "in caso di accertato riconoscimento" delle responsabilità la pena detentiva sarebbe "elevatissima".
"Il nostro paese con questo e i passati governi ha erogato sostegni importanti: dati Inps parlano di oltre 2 miliardi e 700 milioni di cassa integrazione" e molti sono arrivati ad aziende "che non hanno avuto alcuna flessione di fatturato durante la pandemia. Forse se questo operatore avesse avuto ristori di altra natura, se avesse avuto ristori chi ha avuto vistose diminuzione di entrate, forse avremmo 14 morte in meno". Lo ha detto il presidente della Commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra a Sky. "Piango 14 vite umane che si sarebbero potete salvare", ha concluso.
"Abbiamo sequestrato tutto, anche la scatola nera": lo ha detto il capitano Luca Geminale, comandante della compagnia dei carabinieri di Verbania che da domenica lavora sul campo alle indagini sull'incidente alla funivia del Mottarone.
"Il tragico incidente del 23 maggio 2021 sulla funivia Stresa Mottarone è una grande ferita per il Paese. Desidero quindi esprimere nuovamente il profondo cordoglio del Governo nei confronti dei familiari delle vittime". Lo ha detto il ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, iniziando in Aula alla Camera l'informativa urgente del Governo sul tragico incidente verificatosi sulla funivia Stresa-Mottarone. L'Aula ha applaudito dopo queste parole.
LO SPECIALE SULLA TRAGEDIA DEL MOTTARONE
IL PICCOLO EITAN HA APERTO GLI OCCHI
Un gesto "consapevole", per ovviare ai problemi tecnici della funivia ed evitarne lo stop. A discapito della sicurezza dei passeggeri. E' un quadro "molto grave e inquietante" quello che emerge dagli accertamenti degli inquirenti sulla tragedia del Mottarone. Tre le persone fermate all'alba, e sono arrivate anche le prime ammissioni: Luigi Nerini, titolare della società che ha in gestione l'impianto, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, rispettivamente direttore dell'esercizio e capo servizio della funivia. Sono accusati, in concorso tra loro, di omissione dolosa, "articolo 437 del codice penale", precisa il procuratore Olimpia Bossi che, in attesa delle verifiche tecniche sulla fune e dell'intervento dei consulenti esperti, oggi chiederà la convalida dei fermi al gip del Tribunale di Verbania. E intanto si riserva "di valutare eventuali posizioni di altre persone".
Presto potrebbero dunque esserci altri indagati, perché se è vero che i tre fermati erano "coloro che prendevano le decisioni" e che avrebbero "condiviso" quella scelta che, secondo le indagini, assieme alla rottura del cavo, ha causato l'incidente, il sospetto degli inquirenti è che anche altri sapessero delle anomalie della funivia e di quel 'forchettone', il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni di cui oggi è stata trovata tra i boschi un'altra parte, la seconda. Bloccare così quel freno d'emergenza, "senza interventi più decisivi e radicali" sembra esser stato, per i fermati, l'unico modo di non compromettere l'esercizio della funivia, che aveva ripreso a girare dopo il lungo stop per la pandemia. Quella cabina aveva infatti problemi "da un mese o un mese e mezzo" e per cercare di risolverli sono stati effettuati "almeno due interventi tecnici", ha ammesso durante l'interrogatorio di martedì sera, come apprende l'ANSA, Tadini. "La preoccupazione era il blocco della funivia. Stavamo studiando quale poteva essere la soluzione per risolvere il problema", ha aggiunto nelle quattro ore di dichiarazioni che, come è stato riferito, hanno riempito parecchie pagine di verbale. Da quanto è trapelato il tecnico avrebbe ammesso che si sarebbe trattato, come stamane ha ribadito il Procuratore Bossi, "di una scelta consapevole e non di una omissione occasionale o una dimenticanza" per "bypassare un problema"" che non era di un giorno.
E proprio per questo come è scritto nel capo di imputazione i tre sono stati fermati solo per l'accusa di "rimozione o omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro" con l'aggravante che da questo comportamento ne è derivato un disastro. Un reato che prevede una pena fino a 10 anni, a cui si aggiungono l'omicidio colposo plurimo e le lesioni gravissime per cui i tre sono indagati. Intanto oggi é attesa la richiesta di convalida del fermo e di arresto da parte dei pm che in queste ore stanno scrivendo l'atto, corredato dei documenti finora raccolti, dalle testimonianze dei dipendenti dell'impianto - non è escluso che sia stato uno di loro a spiegare la questione del 'forchettone' su cui sono stati trovati i risconti sufficienti per il carcere - e da altri elementi probatori. Richiesta che verrà inoltrata al gip il quale, probabilmente già venerdì, potrebbe fissare gli interrogatori per poi decidere. Sempre oggi è atteso il conferimento dell'incarico a uno o più ingegneri del Politecnico di Torino per una maxi consulenza e non è escluso che facciano un primo sopralluogo sulla scena dell'incidente, dove ora ci sono le lamiere accartocciate, simbolo di morte. E poi, non tra molto l'elenco degli indagati si dovrebbe allungare se non altro in vista dell'accertamento tecnico irripetibile necessario per avere un quadro di quel che è accaduto. "Il mio assistito è sereno - commenta l'avvocato Marcello Perillo, legale di Tadini, dopo avergli fatto visita in carcere - ed essendo un cattolico fervente sta cercando conforto nella fede. Mi ha raccontato del fatto. Sono in attesa di avere accesso al fascicolo per leggere gli atti e studiare una linea difensiva".