La Marina Militare italiana ha le capacità per sminare i porti ucraini, l'ha già fatto in passato in altre aree. Ma sono operazioni "molto laboriose e certamente non veloci" e che richiederebbero "condizioni di tregua fra le parti e un'adeguata cornice di sicurezza". A parlare con l'ANSA della praticabilità dell'ipotesi di una missione - cui parteciperebbero anche assetti italiani - nei porti ucraini per liberare le navi del grano bloccate dal conflitto è l'ammiraglio Giuseppe De Giorgi, già capo di Stato Maggiore della Marina.
"Ad essere minate - osserva De Giorgi - sono soprattutto le acque prospicienti i porti e la costa meridionale dell'Ucraina.
Sono campi di mine finalizzati soprattutto a contrastare eventuali operazioni anfibie russe. Per essere efficace un campo minato deve essere sufficientemente 'denso' di mine. E' quindi verosimile vi siano alcune centinaia di mine, soprattutto ormeggiate sul fondo. Si tratta di un tipo di ordigno che esplode qualora urtato dalla carena di una nave. Non possono essere escluse mine cosiddette a influenza magnetica o attivate per l'onda di pressione causata da una nave che vi passasse sopra, ma ritengo in percentuali minori".
La Marina italiana ha gli assetti per lavorare allo sminamento. "Dovremmo impiegare - rileva l'ammiraglio - i cacciamine classe Gaeta e Lerici, il raggruppamento Subacquei del Varignano, sonar a profondità variabile, droni subacquei a pilotaggio remoto, navi ausiliarie di assistenza logistica per i cacciamine e una nave comando. Dovrebbe essere inoltre prevista una cornice di sicurezza assicurata da navi di scorta". E non sono operazioni che si fanno in pochi giorni. Ogni mina, infatti, sottolinea, "deve essere localizzata e neutralizzata individualmente dagli operatori subacquei o da droni a pilotaggio remoto".
Non si tratterebbe comunque di un'attività inedita per la forza armata. Nel 1984, ricorda De Giorgi, "dopo la guerra dello Yom Kippur fra Israele e l'Egitto abbiamo partecipato all'operazione internazionale di sminamento del canale di Suez con il 14/o Gruppo Navale, costituito da tre cacciamine e una nave appoggio. Successivamente, nel 1987 la Marina Italiana è stata impegnata in una prolungata missione in Golfo Persico che ha visto operare 3 fregate, una nave rifornitrice, una nave ausiliaria e tre cacciamine. Nel 1991, sempre nel Golfo Persico, sono stati impegnati 4 cacciamine. In tutte le operazioni svolte, gli equipaggi della Marina hanno brillato per professionalità e competenza".
Non sono interventi privi di pericoli. "Lo sminamento - spiega l'ammiraglio - è di per sé rischioso. Richiede tempi lunghi, buone condizioni meteorologiche e assenza di turbative esterne. E' evidente che un'operazione di tal genere richiederebbe condizioni di tregua fra le parti e un'adeguata cornice di sicurezza".
Dopo lo sminamento dovrebbe esserci la partenza delle navi che trasportano il grano, con un'adeguato servizio di scorta, cui potrebbero partecipare fregate della classe Fremm e navi ausiliarie. Ma anche qui i rischi sono in agguato.
"Condizione vincolante - sottolinea l'ex capo di Stato Maggiore - sarebbe l'accettazione da ambo le parti di una tregua in quelle acque, altrimenti la missione non sarebbe assolvibile in quanto rischierebbe di trasformarsi in uno scontro navale contro la Marina russa. Resta da vedere - aggiunge - che credibilità possa avere un'eventuale promessa russa di non utilizzare per scopi militari contro l'Ucraina i corridoi di mare sminati per far transitare le navi cariche di grano. Infine, vi è sempre il rischio di uno scambio di colpi per malintesi in mare fra navi di scorta e navi russe".