La scelta della Rai di togliere dal palinsesto il suo programma Insider, atteso a novembre su Rai3, "è chiaramente una decisione politica. Hanno elaborato un codice etico che risponde ai desiderata di chi - Salvini - nel 2015 scriveva: 'Cedo due Mattarella per mezzo Putin'".
Lo dice all'ANSA Roberto Saviano, ricordando che alla trasmissione, "quattro puntate già registrate", dedicate tra l'altro a Don Peppe Diana e ad alcuni cronisti "perseguitati", si lavorava "da oltre un anno".
"Impossibile", afferma lo scrittore, portare il programma altrove: "Appartiene alla Rai, dove non c'è più spazio per fare antimafia".
L'Ad della Rai Roberto Sergio ha parlato di "scelta aziendale", "non politica". Qual è il suo punto di vista? "È chiaramente una decisione politica. Hanno elaborato un codice etico che risponde ai desiderata di chi - Salvini - nel 2015 scriveva: "Cedo due Mattarella per mezzo Putin", risponde Saviano.
Si può parlare di applicazione del 'metodo Facci'? "Facci ha attaccato una persona inerme per difendere il potere. Io ho attaccato il potere. Non vedo molti punti di contatto". Nel mirino del centrodestra sono finite in particolare le sue affermazioni su Salvini. Lei rivendica la definizione di 'ministro della mala vita' già al centro di una contesa giudiziaria? "Ma certo che la rivendico. Ho definito Salvini 'Ministro della Mala Vita' prendendo in prestito questa definizione da Gaetano Salvemini. Ministro della Mala Vita è chi sfrutta un territorio per fini elettorali, ma tiene ai margini del dibattito i veri problemi che su quel territorio insistono.
Matteo Salvini andò a Rosarno, terra di 'ndrangheta, e disse che il problema di Rosarno sono le baraccopoli e prometteva ruspe. Tra chi ascoltava il suo comizio c'erano persone vicine ai Pesce-Bellocco, nemmeno un riferimento alla 'ndrangheta. Credo che dal paragone con Giovanni Giolitti, che Gaetano Salvemini definì appunto 'Ministro della Mala Vita' nel suo omonimo libro, Matteo Salvini abbia solo da guadagnare''.
Le puntate di Insider, annunciato ufficialmente per novembre nei palinsesti Rai, erano già registrate? E quali temi avrebbero affrontato? "A Insider - spiega ancora lo scrittore all'ANSA - stiamo lavorando da oltre un anno. Non solo io, ma una redazione composta perlopiù da donne e coordinata da una donna. Si tratta di 4 puntate già registrate. Abbiamo parlato di Don Peppe Diana, sacerdote ucciso dal clan dei casalesi; dei collaboratori di giustizia che hanno permesso di svelare importanti rapporti tra mafia e politica e tra mafia e imprenditoria e dei giornalisti perseguitati, tra loro Rosaria Capacchione ed Enzo Palmesano. Quest'ultimo è stato parte della storia di Alleanza Nazionale, poi allontanato per il suo impegno antimafia, non in linea con il nuovo corso".
Pensa a questo punto di portare il suo programma altrove? "Impossibile, appartiene alla Rai, dove non c'è più spazio per fare antimafia e che, per volontà del governo, ha deciso di censurare la storia di Don Diana e di Enzo Palmesano".
Ha parlato di 'coincidenza' con le critiche a Don Ciotti. "Mettere alla gogna il percorso di Don Ciotti è un regalo alle mafie e che questo avvenga nelle stesse ore in cui si cancella in Rai una trasmissione antimafia dovrebbe far riflettere".
Si considera un epurato? "È una brutta parola: se io sono un epurato questo governo e questa Rai godono di pessima salute".
Il tweet di Orlando (Pd). "Con il gruppo Pd in commissione antimafia abbiamo chiesto di discutere in quella sede della cancellazione da parte dei vertici della Rai del programma sulle mafie di Roberto Saviano. Un segnale pericoloso e una scelta inquietante".
Peppe de Cristofaro (Avs), componente della commissione di Vigilanza Rai. "La non messa in onda del programma di Roberto Saviano sulla mafia è una evidente ritorsione legata alla vicenda di Filippo Facci. La Rai a trazione sovranista non poteva permettersi di mantenere Saviano dopo la decisione di sospendere il programma del giornalista di Libero. Un vero e proprio regolamento di conti che non ha nulla a che vedere con il codice etico aziendale e su cui presenterò una interrogazione in Vigilanza Rai. Con questa scelta il nuovo amministratore delegato della Rai Roberto Sergio mette sullo stesso piano una critica politica ad un ministro con l'attacco ad una ragazza che denuncia una presunta violenza. Un messaggio devastante".
Chiara Colosimo (Fdi), presidente della Commissione Antimafia. "Ho rimandato la discussione in ufficio di presidenza perché ho trovato irrispettoso fare una discussione sul palinsesto Rai alla presenza del procuratore di Bari. Trovo imbarazzante che l'antimafia debba occuparsi di decisioni aziendali della Rai e rivendico la serietà di un organo parlamentare, quello che presiedo, che si occupa di criminalità organizzata e non di televisione…".
Augusta Montaruli (Fdi), vicepresidente in Vigilanza Rai. "Un Pd che solleva la questione Saviano in Antimafia anziché in commissione Vigilanza Rai è evidentemente in confusione cronica. Al di là del comportamento sconclusionato dell'opposizione, rimane una scelta legittima della dirigenza Rai che condividiamo nell'ottica dell'applicazione in maniera uniforme di regole e principi a cui Saviano non può essere sottratto. Peraltro gli interventi di Saviano che lo rendono incompatibile con il servizio pubblico avvenuti in maniera reiterata nulla c'entrano con uno pseudo impegno contro la criminalità organizzata. Voler arrivare ad applicare in Rai due pesi per due misure è l'ultimo tentativo di una sinistra spiazzata dal pluralismo e dalla riorganizzazione dell'azienda che per questo ha il nostro plauso".
Vittorio Di Trapani, presidente della Fnsi. "Fatemi esprimere vicinanza a Roberto Saviano, altro collega costretto a vivere sotto scorta, non credo possa esistere par condicio tra chi attacca un ministro e chi ha deciso di attaccare una donna vittima di violenza sessuale, non è accettabile". Di Trapani è intervenuto anche in difesa di don Luigi Ciotti, "un uomo che la tonaca non la indossa e non ne ha bisogno perché indossa una grande lotta quotidiana contro mafia e corruzione".
"Che schifo stiamo vedendo", si chiede su Instagram Michela Murgia criticando apertamente la decisione della Rai di cancellare dal palinsesto Roberto Saviano. "Non si parla di una nuova trasmissione, che ovviamente nessuno era così ingenuo da pensare che avrebbero mai dato a Saviano col nuovo corso fascista in Rai, ma della censura diretta di 4 puntate di una trasmissione antimafia GIÀ GIRATA mesi fa a spese dell'azienda - attacca la scrittrice - un prodotto Rai già pagato da noi che non terminerà mai la messa in onda solo per pareggiare i conti dell'esclusione di Filippo Facci, il picchiatore verbale che ha insultato la ragazza coinvolta nel caso di Apache La Russa. Come se Facci il picchiatore e Saviano lo scrittore antimafia fossero equiparabili come voci intellettuali per il paese. Come se criticare un ministro che fa leggi che lasciano morire la gente in mare fosse paragonabile a insultare la presunta vittima di uno stupro. Come se Saviano non stesse già rispondendo in tribunale delle sue affermazioni critiche politiche, perseguitato giudizialmente da tre ministri di questo governo. Come se in questo paese si potesse fare tutto ai nemici politici, tanto non reagisce più nessuno. Io mi domando: ma quando ci chiederanno scusa quelli che per anni hanno continuato a dire che eravamo dei fanatici che vedevano pratiche fasciste ovunque? Quando?", conclude.
Le reazioni della politica e dei giornalistiIl tweet di Orlando (Pd). "Con il gruppo Pd in commissione antimafia abbiamo chiesto di discutere in quella sede della cancellazione da parte dei vertici della Rai del programma sulle mafie di Roberto Saviano. Un segnale pericoloso e una scelta inquietante".
Peppe de Cristofaro (Avs), componente della commissione di Vigilanza Rai. "La non messa in onda del programma di Roberto Saviano sulla mafia è una evidente ritorsione legata alla vicenda di Filippo Facci. La Rai a trazione sovranista non poteva permettersi di mantenere Saviano dopo la decisione di sospendere il programma del giornalista di Libero. Un vero e proprio regolamento di conti che non ha nulla a che vedere con il codice etico aziendale e su cui presenterò una interrogazione in Vigilanza Rai. Con questa scelta il nuovo amministratore delegato della Rai Roberto Sergio mette sullo stesso piano una critica politica ad un ministro con l'attacco ad una ragazza che denuncia una presunta violenza. Un messaggio devastante".
Chiara Colosimo (Fdi), presidente della Commissione Antimafia. "Ho rimandato la discussione in ufficio di presidenza perché ho trovato irrispettoso fare una discussione sul palinsesto Rai alla presenza del procuratore di Bari. Trovo imbarazzante che l'antimafia debba occuparsi di decisioni aziendali della Rai e rivendico la serietà di un organo parlamentare, quello che presiedo, che si occupa di criminalità organizzata e non di televisione…".
Augusta Montaruli (Fdi), vicepresidente in Vigilanza Rai. "Un Pd che solleva la questione Saviano in Antimafia anziché in commissione Vigilanza Rai è evidentemente in confusione cronica. Al di là del comportamento sconclusionato dell'opposizione, rimane una scelta legittima della dirigenza Rai che condividiamo nell'ottica dell'applicazione in maniera uniforme di regole e principi a cui Saviano non può essere sottratto. Peraltro gli interventi di Saviano che lo rendono incompatibile con il servizio pubblico avvenuti in maniera reiterata nulla c'entrano con uno pseudo impegno contro la criminalità organizzata. Voler arrivare ad applicare in Rai due pesi per due misure è l'ultimo tentativo di una sinistra spiazzata dal pluralismo e dalla riorganizzazione dell'azienda che per questo ha il nostro plauso".
Vittorio Di Trapani, presidente della Fnsi. "Fatemi esprimere vicinanza a Roberto Saviano, altro collega costretto a vivere sotto scorta, non credo possa esistere par condicio tra chi attacca un ministro e chi ha deciso di attaccare una donna vittima di violenza sessuale, non è accettabile". Di Trapani è intervenuto anche in difesa di don Luigi Ciotti, "un uomo che la tonaca non la indossa e non ne ha bisogno perché indossa una grande lotta quotidiana contro mafia e corruzione".
"Che schifo stiamo vedendo", si chiede su Instagram Michela Murgia criticando apertamente la decisione della Rai di cancellare dal palinsesto Roberto Saviano. "Non si parla di una nuova trasmissione, che ovviamente nessuno era così ingenuo da pensare che avrebbero mai dato a Saviano col nuovo corso fascista in Rai, ma della censura diretta di 4 puntate di una trasmissione antimafia GIÀ GIRATA mesi fa a spese dell'azienda - attacca la scrittrice - un prodotto Rai già pagato da noi che non terminerà mai la messa in onda solo per pareggiare i conti dell'esclusione di Filippo Facci, il picchiatore verbale che ha insultato la ragazza coinvolta nel caso di Apache La Russa. Come se Facci il picchiatore e Saviano lo scrittore antimafia fossero equiparabili come voci intellettuali per il paese. Come se criticare un ministro che fa leggi che lasciano morire la gente in mare fosse paragonabile a insultare la presunta vittima di uno stupro. Come se Saviano non stesse già rispondendo in tribunale delle sue affermazioni critiche politiche, perseguitato giudizialmente da tre ministri di questo governo. Come se in questo paese si potesse fare tutto ai nemici politici, tanto non reagisce più nessuno. Io mi domando: ma quando ci chiederanno scusa quelli che per anni hanno continuato a dire che eravamo dei fanatici che vedevano pratiche fasciste ovunque? Quando?", conclude.
Leggi l'articolo completo su ANSA.it