Cronaca

Il caso Claps, per 17 anni un giallo rompicapo

La scomparsa, il cadavere nel sottotetto, depistaggi e omertà

Redazione Ansa

   Mentre si prepara a riaprire i battenti dopo essere rimasta chiusa per oltre 13 anni, la Chiesa della Santissima Trinità, nel cuore del centro storico di Potenza, resta simbolo di una ferita mai completamente rimarginata: è nel sottotetto di quel tempio, infatti, che - secondo gli investigatori - trent'anni fa, il 12 settembre 1993, fu uccisa la studentessa potentina Elisa Claps.

    La misteriosa scomparsa della ragazza fu a lungo un giallo rompicapo, risolto solo 17 anni dopo, quando, il 17 marzo 2010, il cadavere fu ritrovato proprio nel sottotetto di quella chiesa. La mano omicida - hanno concluso gli inquirenti - fu quella di uno spasimante respinto, Danilo Restivo, che oggi ha 51 anni, col vizietto di tagliare ciocche di capelli alle ragazze, condannato con sentenza irrevocabile a 30 anni di reclusione. L'uomo, che ha ammesso di aver incontrato quel giorno la ragazza ma ha sempre negato di averla uccisa, sta scontando la pena in Inghilterra, dove è stato condannato per un altro delitto, quello di Heather Barnett, una sarta inglese uccisa il 12 novembre 2002 a Charminster, un villaggio del Dorset nei pressi di Bournemouth.

    Muovendosi tra presunti errori investigativi, presunti depistaggi e reticenze, false perizie, dichiarazioni di testimoni giudicate di volta in volta inattendibili, erronee, fantasiose o romanzate, i giudici hanno concluso che fu proprio Restivo, la mattina di quel 12 settembre di trent'anni fa, a infliggere 13 coltellate ad Elisa Claps, che ne provocarono la morte. Ventuno anni sono stati necessari per arrivare alla sentenza definitiva, pronunciata dalla Cassazione il 23 ottobre 2014. Ma il giorno stesso della scomparsa della ragazza la polizia aveva puntato il dito contro Restivo, ritenendo che egli potesse essere direttamente coinvolto nella vicenda. Contro di lui sono emersi numerosi elementi indiziari, il più importante dei quali rappresentato dal ritrovamento del suo Dna (non rilevato in una precedente perizia) sulla maglia che Elisa Claps indossava al momento della scomparsa e del ritrovamento del cadavere.

    Nonostante sia trascorso un trentennio da quel delitto, Potenza e i potentini non hanno dimenticato. Per decenni luogo di culto caro alla borghesia della città, la chiesa della Trinità ancora chiusa fa oggi da scena a un contrasto mai finito tra la famiglia Claps, che continua a chiedere verità e giustizia riguardo a depistaggi e omertà, e le gerarchie ecclesiastiche potentine. Le quali, ora, con il placet di Papa Francesco, sono pronte a restituire il tempio alla città.   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it