Cronaca

Baturi (Cei), in Italia 30-50mila immigrate sfruttate per sesso

E circa 430mila sono a rischio schiavitù lavorativa

Redazione Ansa

(ANSA) - CAGLIARI, 09 OTT - In Italia dalle 30 alle 50mila donne immigrate sono vittime di sfruttamento sessuale. Molte sono giovani che arrivano dall'Africa sub sahariana, ma tante provengono da Est Europa, America Latina, Nordafrica e Cina. Lo sfruttamento lavorativo riguarda invece oltre 130mila persone, e circa 400/430mila sono a rischio schiavitù. Sono i dati nazionali illustrati a Cagliari da Giuseppe Baturi, arcivescovo del capoluogo e segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, durante il convegno "Passo dopo passo, un carisma di bruciante attualità", organizzato dalle Figlie della Carità per celebrare il ventesimo anniversario del progetto "Elen Joy Sardegna" in aiuto alle vittime della tratta e grave sfruttamento, 300 quelle salvate nell'Isola.
    Il fenomeno in Italia, ha spiegato Baturi, riguarda giovani uomini immigrati, ma anche italiani e italiane, "non necessariamente vittime di tratta, ma costretti a lavorare in condizioni servil". Paga oraria non superiore a 2 euro, 5 euro compreso il pizzo per il caporale. Si tratta di persone molto giovani, con un livello di istruzione basso (talvolta analfabete) e molto vulnerabili. Le donne destinate alla prostituzione in Italia o in altri Paesi europei, già durante il viaggio si ritrovano in una condizione di semi-schiavitù, e spesso vengono violentate.
    "Purtroppo - ha sottolineato l'arcivescovo di Cagliari - a causa della manipolazione psicologica che subiscono, diventa a volte complicato far capire loro come sia possibile liberarsi da questo debito e dagli sfruttatori". Una sessantina di diocesi si sono attivate per dare accoglienza e protezione a queste giovani donne. "Spesso, tuttavia, si sono trovate ad affrontare numerose e serie difficoltà. Gran parte di queste - ha spiegato Baturi - derivano dal fatto che il sistema specifico anti tratta non garantisce un numero sufficiente di posti e l'accoglienza presso i Cas e gli Sprar non ha permesso di adottare adeguate misure di protezione. In alcuni casi, poi, sono state stipulate convenzioni a livello locale in una logica emergenziale a volte poco strutturata". (ANSA).
   

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