"Le zone di Prato, Pistoia, Lucca sono le più urbanizzate della Toscana. L'aumento del bosco non compensa l'aumento di impermeabilizzazione e la perdita di regolazione della portata del corso d'acqua.". A spiegarlo è Federico Preti, Docente di idraulica agraria e sistemazioni idraulico, forestali, esperto in difesa del territorio, dell'Università di Firenze e Presidente Nazionale dell'Associazione Italiana di Ingegneria Naturalistica che analizza il quadro dei territori colpiti dall'alluvione in Toscana e che ricorda: "oggi sono passati 57 anni dall'Alluvione di Firenze e, negli ultimi 60-70 anni, abbiamo perso il presidio e la manutenzione del territorio, ora più fragile e vulnerabile e da lì dobbiamo ripartire". Per l'esperto nelle zone urbane sarebbero utili delle aree e fasce vegetate che possano frenare i deflussi idrici prima dell'ingresso nelle fognature o nelle reti di scolo. Oltre a delocalizzare strutture a rischio eccessivo.
"Non possiamo più esimerci dalla 'massima applicabilità' di tali interventi (ingegneria naturalistica al posto di quella grigia, a meno che non se ne dimostrino i limiti) e dovremo attuare le direttive europee sul controllo del consumo del territorio e sull'impiego di materiali e soluzioni, ecocompatibili e sostenibili".
"L'evento meteo di questo inizio novembre è stato impressionante: allagamenti e esondazioni in zone urbanizzate, cumulate di pioggia di anche 160 mm in 3 ore, rapidi aumenti dei livelli idrometrici anche di 4-5 metri nei corsi d'acqua con tempi di risposta analoghi alla durata delle precipitazioni.
Abbiamo sì precipitazioni intense e localizzate più frequenti, passando di colpo da siccità a alluvioni, ma da cosa dipende il Rischio idrogeologico, che io ormai chiamerei 'idrogeoedilizio'? Dalla pericolosità, che ci dice quanto è elevata la possibilità che si verifichi un tale tipo di evento, ovvero quanti anni possono passare tra esso e un altro di pari o maggiore intensità, nel caso in esame si è parlato di tempo di ritorno di 50-100 anni. Ma dipende anche dalla vulnerabilità e dal valore di mercato dei beni esposti al danno che possono subire, per non parlare del valore infinito delle vite umane. Abbiamo oggi un territorio che a monte non tiene l'acqua che arriva in gran quantità e troppo rapidamente a valle, dove ora ci sono più abitazioni e infrastrutture di prima".
Oggi, aggiunge Preti, "abbiamo avuto le casse di espansione che, per fortuna, hanno funzionato. Ma prima avevamo una laminazione diffusa in scoline e acquidocci, terrazzamenti, invasi, che si sono persi. Abbiamo anche una decina di tratti arginati da riparare, operazione essenziale, ma ricordiamoci che essi proteggono solo quello che separano dall'alveo, inducendo a costruire ancora e trasferendo più acqua e più rapidamente a valle".
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