Cronaca

Il delitto di Via Poma, un dedalo infinito di ipotesi e sospetti

L'omicidio di Simonetta Cesaroni un caso irrisolto da 33 anni

Redazione Ansa

L'omicidio di Simonetta Cesaroni in via Poma a Roma è avvenuto nel 1990. I fatti risalgono ad una torrida giornata di agosto, il 7, Roma deserta.

In uno stabile di via Poma, nel cuore del quartiere Prati, viene brutalmente assassinata Simonetta. Da quel giorno sono trascorsi 33 anni in cui investigatori, magistrati e forze dell'ordine hanno cercato di dare un nome e un volto alla persona che sferrò le coltellate.

Un dedalo infinito di ipotesi, di sospetti: una galleria di personaggi che si sono avvicendanti sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti.

Il 7 agosto del 1990 nell'ufficio dell'Associazione alberghi della gioventù viene trovato il corpo della ragazza. Il cadavere è trovato per l'insistenza della sorella Paola, preoccupata per il suo ritardo. Simonetta è nuda, ma non ha subito violenza. Secondo l'autopsia è morta tra le 18 e le 18,30.  Pochi giorni dopo, il 10 agosto, viene fermato dalla polizia Pietrino Vanacore, uno dei portieri dello stabile. Su un suo pantalone vengono individuate alcune macchie di sangue ma non è di Simonetta. L'uomo viene scarcerato dal tribunale del Riesame il 30 agosto.

Gli inquirenti cercano sia nella cerchia di amicizie della ragazza, a cominciare dal fidanzato di allora, sia negli ambienti di lavoro. Il pm Pietro Catalani, dopo alcuni mesi di indagini, chiede l'archiviazione della posizione di Salvatore Volponi, datore di lavoro della Cesaroni.

Il 26 aprile del 1991 il gip archivia gli atti riguardanti Pietrino Vanacore e altre cinque persone. Il fascicolo resta aperto contro ignoti. Trascorre circa un anno, il 3 aprile del '92 viene inviato un avviso di garanzia a Federico Valle, nipote dell'architetto Cesare Valle, che abita nel palazzo di via Poma e che la notte del delitto ha ospitato Vanacore. Valle viene tirato in ballo dalle dichiarazioni dell'austriaco Roland Voller, amico della madre di Valle, secondo il quale dai racconti della madre sarebbe emerso che il figlio tornò sporco di sangue da via Poma.

Il 16 giugno 1993 il gip proscioglie Valle per non aver commesso il fatto e Vanacore perché il fatto non sussiste.

L'indagine entra in una lunga fase di stallo. Nel settembre del 2006 vengono sottoposti ad analisi i calzini, il corpetto, il reggiseno e la borsa di Simonetta. Il colpo di scena arriva con i risultati delle analisi effettuate dai Ris: sugli indumenti della ragazza, grazie a sofisticate strumentazioni, vengono rilevate delle tracce di saliva dell'ex fidanzato Busco che nel settembre del 2007 viene iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di omicidio volontario.

Gli investigatori, inoltre, prelevano l'impronta dell'arcata dentaria di Busco, al fine di confrontarla (attraverso le foto autoptiche del 1990) con il morso riscontrato sul seno di Simonetta: l'arcata dentaria di Busco s'integra con l'individuazione del suo Dna sul corpetto ed il reggiseno.  Il 3 febbraio del 2010  inizia il processo a carico dell'ex ragazzo che vive anche di nuovi colpi di scena: il 9 marzo, a pochi giorni dalla sua prevista deposizione, si toglie la vita Pietro Vanacore. Giallo nel giallo di un omicidio che ha tenuto banco nella cronaca giudiziaria italiana per oltre trent'anni.

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