La nuova pista dei carabinieri sul delitto di via Poma riporta indietro di oltre 30 anni le lancette dell'orologio di Mario Vanacore. Oggi, a 64 anni, il figlio del portiere del condominio dove venne trovata cadavere Simonetta Cesaroni - indicato dalla nuova informativa come il presunto killer - torna a ribadire la sua estraneità, come già fatto subito dopo l'omicidio, e chiede di essere lasciato definitivamente in pace.
"L'unica volta che ho visto Simonetta Cesaroni era morta", ha ribadito a La Stampa, il quotidiano di Torino, la città dove Vanacore vive e lavora già da quel 7 agosto del 1990, quando in un ufficio del quartiere romano di Prati la giovane 20enne venne trucidata e uccisa con 29 coltellate. A smontare, però, la tesi investigativa sono gli stessi magistrati del tribunale di Roma che, già lo scorso 13 dicembre, hanno chiesto l'archiviazione del fascicolo parlando di "ipotesi" e "suggestioni" che "non consentono di superare le forti perplessità sulla reale fondatezza del quadro ipotetico tracciato".
Ma il nome di Mario Vanacore, all'epoca 30enne, oggi torna insistentemente sulle prime pagine dei giornali. Secondo quando scritto dai carabinieri nell'informativa, infatti, sarebbe stato lui l'assassino di Simonetta Cesaroni. Quel giorno, in cui si trovava a Roma insieme con la moglie e la figlia, sarebbe salito nell'ufficio dove lavorava la ragazza pensando fosse vuoto per fare alcune telefonate extraurbane. Quando, però, si è trovato improvvisamente di fronte la giovane avrebbe cercato di molestarla finendo per ucciderla. A conferma di questo - scrivono gli investigatori - ci sarebbe anche l'agendina telefonica ritrovata proprio nell'ufficio dove Simonetta Cesaroni venne ritrovata in un lago di sangue. Sarebbero stati poi i genitori, Pietrino e Giuseppa De Luca, a coprire le responsabilità del figlio, mostrandosi reticenti nei confronti di chi stava indagando e ostacolandone il lavoro.
"L'assassino di Simonetta Cesaroni non l'hanno trovato neanche questa volta", commenta l'avvocato di Mario Vanacore, Claudio Strata, che - per conto del suo assistito - la scorsa primavera ha anche presentato un esposto in procura a Milano per calunnia e diffamazione riguardo uno spettacolo teatrale sul caso di via Poma che - a detta del legale - avrebbe adombrato responsabilità proprio del figlio del portiere. "Abbiamo chiesto di perseguire chi specula", ha detto. "Quello che troviamo grave - ha chiarito - è uscire con 'ecco il colpevole, ecco l'assassino'. Dopo 33 anni credo che la magistratura abbia fatto tutto il possibile per individuare il colpevole, però non si può puntare sempre sulle stesse persone, è ora di lasciarli in pace.
Mario Vanacore vuole una vita normale, la sua vita è segnata, il padre (morto suicida nel 2010) forse è mancato logorato dallo stress e dalla pressione, ma anche per le ombre gettate sulla famiglia, su di lui, sul fratello e sulla sorella".
Vanacore, dal canto suo, si dice "arrabbiato", sottolineando che la sua posizione "era stata esclusa anni fa". "È assurdo che vogliano chiudere la storia in questo modo" dicendo "forse è stato Mario Vanacore, ma non abbiamo le prove", continua il figlio del portiere. "La nostra vita è segnata - chiosa -.
Viviamo con questa spada di Damocle. Il 9 marzo 2010 mio padre si è suicidato. La mia matrigna è sola e non sta bene". E alla famiglia di Simonetta Cesaroni, in cerca della verità da 34 anni, esprime "vicinanza" perché - dice - "neanche loro hanno giustizia". (ANSA).