Sarà l'incontro a Roma di lunedì prossimo tra i familiari e il governo un'altra tappa importante della delicata vicenda di Ilaria Salis, da quasi un anno rinchiusa in carcere a Budapest in condizioni, come lei stessa ha denunciato, disumane. E anche se la situazione sta leggermente migliorando e si inizia a intravvedere qualche spiraglio in tema di diritti e dignità delle persone detenute, lei si dice "stanca: sto male, vorrei tornare a casa".
Dopodomani, dunque, il padre e i suoi legali incontreranno i ministri Antonio Tajani e Carlo Nordio con un obiettivo ben preciso: riportarla in Italia agli arresti domiciliari a processo in corso, garantendo, qualora fosse necessario, la sua presenza in aula davanti ai giudici ungheresi. Processo che riprenderà a maggio, nel quale l'insegnante milanese di 39 anni, militante antifascista, risponde di lesioni potenzialmente letali, con l'aggravante di aver partecipato ad una associazione sovversiva, per aver aggredito dei neonazisti durante la manifestazione di estrema destra indetta per celebrare il Giorno dell'onore.
"Devono chiedere i domiciliari in Ungheria, richiesta che, fino ad adesso, non hanno fatto. Questo non dipende da noi", ha ribadito il titolare della Farnesina aggiungendo che, una volta ottenuti, "bisogna chiedere i domiciliari in Italia".
"Siamo pronti a fare tutto ciò che serve", ha aggiunto, precisando: "Noi seguiamo il caso rispettando le norme vigenti e tutto ciò che è possibile per garantire una detenzione rispettosa dei diritti della persona. Ma l'Italia non può intervenire sul procedimento penale".
Parole queste che comunque lasciano aperto uno spiraglio affinché la strada, seppur a ostacoli, porti al traguardo che intendono raggiungere la difesa e Roberto Salis. Anche il ministro condivide l'appello fatto ieri dal padre di non trasformare la vicenda in un "fatto politico" in quanto così "non si fa l'interesse della persona detenuta. Noi dobbiamo invece lavorare in punta di diritto".
"La nostra richiesta rimangono i domiciliari in Italia e, al momento, escludiamo di chiederli in Ungheria, ma valutiamo tutto e vediamo cosa ci propongono", ha replicato l'avvocato Eugenio Losco aggiungendo di non essere "in grado di dare un giudizio" sull'ipotesi dei domiciliari in una sede dell'ambasciata italiana a Budapest.
"Rispetto al carcere valutiamo tutto, ma l'ambasciata gode dell'extraterritorialità e, se si possono fare lì, allora si possono fare anche Italia". Una possibilità, questa, su cui c'è scetticismo da parte dell'avvocato di Budapest della 39enne, Gyorgy Magyar, il quale basandosi sulla prassi seguita in passato dalle autorità giudiziarie ungheresi in casi analoghi ha precisato che "sono disposte a concedere i domiciliari a Ilaria Salis solo dopo la sentenza". E poi, ha fatto notare, "non dispone di un domicilio nella capitale ungherese. Nessun esempio è noto qui per una soluzione del genere".
Insomma la strada è in salita ma non è escluso che si possa davvero fare un altro passo in avanti per mettere fine a un anno di incubo e a ottenere anche, a dire dell'avvocato ungherese, un processo nel rispetto dei diritti di Ilaria Salis.