Cronaca

Studioso, i morti in galleria per un ritardo nei soccorsi

Treno 8017, terza edizione del libro sul "disastro dimenticato"

L'ingresso della Galleria delle Armi

Redazione Ansa

 "Il treno giunse all'interno della 'Galleria delle Armi'. Poco dopo l'ingresso nel tunnel rallentò, poi si fermò. E lì rimase per ben 5 ore. Il tremendo bilancio della tragedia fu, dunque, essenzialmente, conseguenza del ritardo dei soccorsi". E' quanto afferma l'avvocato Gian Luca Barneschi, che ha studiato per anni ogni particolare dell'incidente ferroviario avvenuto 80 anni fa, nella notte tra il 2 e il 3 marzo 1944, lungo la linea Napoli-Potenza nei pressi della stazione di Balvano (Potenza), nel quale morirono oltre 500 persone per intossicazione da monossido di carbonio prodotto da due locomotive a vapore che trainavano il treno 8017. "Un treno merci - dice Barneschi - che non avrebbe dovuto aver passeggeri a bordo". Lo studioso ha recentemente dato alle stampe la terza edizione del suo libro "Il disastro dimenticato, Treno 8017 Balvano 1944".


    "Data la situazione geopolitica dell'epoca - racconta Barneschi - la censura operò immediatamente (come emerso nel dopoguerra) e persino l'indagine penale patì i condizionamenti dell'epoca: il Procuratore del Re di Potenza dispose l'archiviazione, individuando quale unico responsabile il carbone di cattiva qualità fornito dagli Alleati: un'aberrazione giuridica della quale persino altri magistrati ebbero a stupirsi. Così la tragedia di Balvano divenne per sempre una strage con molti colpevoli e nessun responsabile": La leggenda del carbone scadente si consolidò, dice lo studioso, "ma qualunque tipo di carbone avrebbe avvelenato i passeggeri del Treno 8017, che attesero per 5 ore i soccorsi".


    Se l'intervento fosse stato più rapido - lascia intendere Barneschi - probabilmente vi sarebbero stati ugualmente dei morti, ma la tragedia avrebbe avuto un bilancio meno grave.
    Alla causa principale dei ritardi nei soccorsi - sempre secondo lo studioso - se ne aggiunse un'altra: "Quella di aver continuato a far circolare il treno 8017 considerandolo e gestendolo come un merci, ignorando che a bordo ci fossero centinaia di persone".


    Con il tempo fu distrutta ogni documentazione esistente: ma ciò che non era sparito in Italia è stato rinvenuto proprio da Barneschi in archivi riservati e a Londra, desecretando i microfilm contenenti gli atti dell'indagine svolta dalle autorità angloamericane e altra documentazione segreta dell'epoca. A ciò si aggiunse la rivelazione di un ferroviere in servizio in quella notte, che pure ha parlato di ritardi nei soccorsi. Il puzzle, con ogni casella proposta nel volume presto nelle librerie, è stato così completato, e le tesi proposte da Barneschi sulle cause dell'incidente mettono, a sua parere, "la parola fine, dopo 80 anni, a versioni di comodo, ricostruzioni inadeguate e leggende varie sulla tragedia". 
   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it