Trentacinque peluche sistemati a cerchio con al centro una maglietta bianca con su scritto Kr46M0, la dicitura con cui era stato indicato uno dei bimbi di pochi mesi, morto. E poi 94 candele accese a rischiare il buio della notte. Così, sulla spiaggia di Steccato di Cutro almeno un centinaio di persone ha voluto ricordate la tragedia di un anno fa, il naufragio del caicco Summer Love che provocò la morte di 94 persone, 35 delle quali minori.
Un'iniziativa voluta dalla rete 26 Febbraio - che riunisce circa 400 associazioni - celebrata alle 4, l'orario in cui avvenne lo scontro del caicco contro una secca ad un centinaio di metri dalla riva.
Anche alcuni superstiti e familiari delle vittime hanno voluto essere presenti. Straziante, il pianto dirotto di una donna afghana che nel naufragio ha perso la sorella e due nipoti. La donna non ha retto all'emozione di trovarsi a pochi metri da quel mare - agitato come lo era quella notte - che le ha portato via i suoi cari ed ha avuto un malore.
"Ho rivissuto le stesse emozioni di quel giorno, quando la barca è affondata ed è stato molto difficile". Ha raccontato Samir, 18enne afghano che si è salvato aggrappandosi ad un pezzo di legno. "I soccorsi sono arrivati tardi - ricorda - avevamo visto una luce e e pensavamo fossero i soccorsi invece era un peschereccio m quando siamo giunti sulla spiaggia non c'era nessuno". Adesso vive ad Amburgo ed ai governi italiano e tedesco - così come tutti gli altri familiari delle vittime e superstiti - chiede di potersi ricongiungere con i familiari rimasti in patria con l'apertura di corridoi umanitari.
Durante la commemorazione silenziosa, lo zio di un ragazzo morto nel naufragio, ha recitato alcuni versetti del Corano. Quindi superstiti e familiari delle vittime hanno pregato in direzione della Mecca.
Al termine, due superstiti, insieme ai due pescatori che per primi intervennero sul luogo della strage, hanno gettato una corona di fiori, quindi si sono stretti in un abbraccio sciogliendosi in lacrime al ricordo di quella notte di un anno fa.
I Familiari delle vittime del naufragio a Cutro: 'Faremo una causa civile contro il Governo'
Le famiglie di vittime del naufragio di Steccato di Cutro ed alcuni superstiti faranno una causa civile risarcitoria nei confronti del governo per omissione di soccorso e per i danni subiti in conseguenza della tragedia. Lo ha annunciato uno dei familiari nel corso di una conferenza stampa a Crotone. Il ricorso, ha spiegato l'avvocato Stefano Bertone,che insieme ai colleghi Marco Bova e Enrico Calabrese assiste una cinquantina di famiglie e alcuni superstiti, sarà presentato una volta conclusa l'inchiesta penale coordinata dalla Procura di Crotone e riguarderà la presidenza del Consiglio ed i ministeri degli Interni e dell'Economia.
"Uno degli aspetti da chiarire - ha detto Bertone, del foro di Torino - era quando le autorità hanno saputo della presenza della barca. E dalle 17 del 25 febbraio, l'aereo Frontex aveva monitorato l'imbarcazione dopo avere intercettato alcune chiamate. Quindi, cosa ha fatto Frontex in quelle ore prima della segnalazione delle 22.35 alla centrale di Varsavia? Sul fronte risarcitorio c'è tutto un sistema che non ha funzionato. Frontex si è tenuto un'informazione per diverse ore consentendo alle autorità italiane di sbagliare. Certo, questa non può essere una giustificazione". Oltre alla presidenza del Consiglio ed ai ministeri, l'avvocato ha spiegato che sarà verificata anche la possibilità di estendere la causa di risarcimento danni a Frontex.
Un pescatore: 'Vorrei dimenticare, ma non posso'"Ho dei ricordi brutti, ancora non riesco a dimenticare. Ho visto cadaveri, bambini. Tutto ricordo, una tragedia vera che poteva essere evitata. Se loro sono sbarcati alle quattro e sono stati due ore in mare da soli qualcuno potevamo salvarlo". A dirlo, trattenendo a stento l'emozione, Vincenzo Luciano, uno dei pescatori intervenne per primo dopo il naufragio del caicco Summer Love.
Oggi Vincenzo è voluto tornare su quella spiaggia per ricordare le vittime.
"Io per primo mi do la colpa - ha aggiunto - perché di solito andavo sempre prima al mare. Quella mattina non sono andato come
andavo di solito verso le 4 ma sono arrivato alle sei. E mi do una colpa perché non sono riuscito a salvare nessuno. Appena
sono arrivato ho tirato fuori dall'acqua 4 o 5 bambini ma dopo, nell'arco della giornata, ne ho recuperati una quindicina.
Vorrei tanto poter dimenticare, ma ancora non ci riesco".
Un'installazione galleggiante di 4 metri per 2, che ritrae un giovane migrante che lotta in mare per la sua vita: al centro, la scritta "Never again". E' la nuova opera , a un anno dalla tragedia di Cutro, realizzata dalla street artist Laika nelle stesse acque in cui sono affiorati i corpi di 94 persone, 35 dei quali minori, senza contare un numero imprecisato di dispersi.
"Il Mediterraneo è un cimitero sterminato, un mare che trascina sul suo fondo migliaia di vite. Subito dopo la strage di Cutro,
a causa di un decreto di questo governo, nato con la scusa di bloccare gli sbarchi ma che di fatto ostacola i soccorsi, i morti sono aumentati a circa 7 al giorno. Senza quei viaggi insensati delle navi soccorso verso porti lontani, senza fermi e multe assurde alle Ong ora forse piangeremmo meno vite spezzate", ha dichiarato Laika.
"È incredibile che i governi europei non comprendano la disperazione di questa gente, disposta a subire torture nelle prigioni libiche, a rischiare di morire in mezzo al mare pur di scappare dal proprio paese d'origine - ha continuato l'artista -; dal 2014 sono oltre 28.000 le persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo, una strage senza fine".
"È necessario creare dei canali legali e sicuri di accesso per queste persone che scappano da guerre, povertà, persecuzioni
e violazioni dei diritti umani: un 'Safe passage'. Cambiamo le leggi affinché tutto ciò non accada mai più. Never Again", ha
concluso Laika.
"Rafforzare il sistema di ricerca e salvataggio in mare anche con una maggiore condivisione delle responsabilità a livello europeo e creare una maggiore cooperazione internazionale, una maggiore cultura della pace per una risoluzione pacifica dei conflitti che alimentano la fuga delle persone in tutto il mondo". Lo ha detto Filippo Ungaro, portavoce dell'Unhcr, l'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, che stamani ha partecipato alla fiaccolata in ricordo delle vittime del naufragio di Cutro.
"Unhrc - ha spiegato - l'anno scorso è stata molto vicina alle vittime e ha cercato di facilitare i processi che dovevano svolgere dall'identificazione delle vittime, al supporto psicologico dei superstiti e dei familiari delle vittime. Abbiamo lavorato a quattro mani con l'autorità per questo tipo di operazioni. E poi stiamo continuando ad assistere i superstiti e i familiari delle vittime per cercare di risolvere alcune delle loro questioni quali il ricongiungimento familiare, che non è avvenuto in tanti casi, il riconoscimento del diritto
di asilo, che non è avvenuto in tanti casi e per ultimo ancora ci sono 5 corpi che non sono stati identificati".
"Più in generale - ha detto Ungaro - credo che sia importante essere presente perché bisogna ribadire ancora una volta, e lo
facciamo da tanto tempo, che è necessario rafforzare il sistema di ricerca e salvataggio in mare anche con una maggiore
condivisione delle responsabilità a livello europeo. Credo che 29.000 morti vittime di naufragi in tutto il Mediterraneo negli ultimi 10 anni sia un numero enorme atroce che non possiamo assolutamente permetterci. Anche dall'inizio dell'anno ci sono state oltre 160 vittime sempre in tutto il Mediterraneo quindi cominciamo il 2024 nel peggiore dei modi. Così come è importante rafforzare quelle che sono le vie sicure e legali, quindi corridoi umanitari e corridoi lavorativi. Dai primi di Marzo avvieremo, come Unhcr insieme al ministero dell'Interno le prime evacuazioni della Libia, frutto di un accordo che durerà per tutto l'anno ma necessario andare anche alla radice dei problemi. Noi l'anno scorso come abbiamo risposto a 43 emergenze umanitarie a 43 crisi internazionali e se continua questa conflittualità a livello internazionale è un po' come cercare di mettere un tappo per fermare una cascata. Bisogna veramente creare una maggiore cooperazione internazionale, una maggiore cultura della pace per una risoluzione pacifica dei conflitti che alimentano la fuga delle persone in tutto il mondo".