(ANSA) - BARI, 27 FEB - Le indagini che hanno portato ieri
all'esecuzione di 130 misure cautelari a Bari (tra carcere,
domiciliari e l'amministrazione giudiziaria dell'azienda di
trasporto pubblico Amtab e della società Maldarizzi Automotive)
hanno anche rivelato gli affari del clan mafioso Parisi nel
settore del commercio del caffè, portato avanti costringendo bar
e attività commerciali a vendere esclusivamente il prodotto
della malavita, spesso dopo averlo acquistato a nero.
"Quello del caffè - si legge negli atti della Dda di Bari -
si è dimostrato un settore idoneo ad attrarre gli investimenti
del clan. Il prodotto finito, in particolare, permette,
fornendolo ad un prezzo maggiorato, interessanti ricavi con
bassi investimenti, motivo per il quale il settore è diventato
di considerevole interesse per le organizzazioni criminali".
Investendo il denaro sporco, infatti, il clan sarebbe riuscito a
ricavare circa 10 euro per ogni chilo di caffè venduto. "Le
diverse realtà commerciali, pur pagando un prodotto di scarsa
qualità a prezzi maggiorati rispetto al valore di mercato
ottengono, in cambio, la protezione mafiosa delle attività e
guadagni ampliati e sottratti all'imposizione fiscale".
Riconducibili al clan, secondo gli inquirenti, sarebbero state
le imprese Torregina Caffè, Raro srl e Caffè Sartoriale. La
prima riconducibile a Tommaso 'Tommy' Parisi (cantante
neomelodico e figlio del boss 'Savinuccio') e Christopher Luigi
Petrone, della seconda era "socio occulto" il fratello del boss,
Massimo Parisi. Tutti e tre sono in carcere.
Quella del clan, rileva ancora il pm, è "una tecnica
imprenditoriale caratterizzata da impliciti metodi estorsivi ed
impositivi, che si pone nei confronti degli imprenditori come
vicina alle attività commerciali, favorendone i profitti, e in
grado di essere preferita alla legalità dello Stato". (ANSA).
Mafia, gli affari del clan Parisi di Bari nel business del caffè
La mala lo imponeva ai bar. 'Guadagni da 10 euro al chilo'