(ANSA) - ROMA, 29 MAR - "La notizia del pentimento di
Schiavone per me è stata travolgente. Anni fa lo avevo invitato
a pentirsi dicendogli che il suo potere ormai era in crisi".
Roberto Saviano, grande conoscitore del mondo affaristico e
criminale della camorra, che ha raccontato prima di tutto nel
celebre romanzo "Gomorra", commenta sui social la notizia del
pentimento di Francesco Schiavone, detto Sandokan, ricordando
che nel 2010, dopo l'arresto del primo figlio, lo invitò a
collaborare con la giustizia. "Sandokan è il capo del clan dei
Casalesi, che vengono governati da più di un decennio da una
diarchia, con Schiavone e Bidognetti - spiega lo scrittore
napoletano -. Il suo pentimento, se reale, potrebbe fare la
differenza. Lui conosce mezzo secolo di storia del potere
camorristico. Il suo clan è stato tra i pochissimi ad avere
direttamente un proprio rappresentante al governo, il
sottosegretario all'Economia Cosentino, che sta scontando il
carcere per questo".
"Bisogna capire se davvero vuole collaborare, perché finora
quello che hanno detto la moglie e i figli non sembra aver fatto
la differenza - sottolinea -. La grande paura è che abbia
trovato un momento di equilibrio, sapendo bene che non c'è un
vero contrasto da parte dello stato alle organizzazioni
criminali. Intendo dire contrasto economico, imprenditoriale,
perché Schiavone ha fatto la differenza nella storia del crimine
organizzato in quanto imprenditore e killer. Non solo colletto
bianco, è stato capace di uccidere e di investire. Queste sono
le caratteristiche che rendono l'individuo un capo".
"Davvero collaborerà? - si chiede ancora lo scrittore -. Farà
come Antonio Iovine che, da quanto emerso finora, ha raccontato
cose che sapevamo già, oppure svelerà nuove possibilità di
conoscenza? Ci aiuterà a trovare i soldi, dove vengono nascosti,
in quali paradisi offshore? Svelerà i rapporti con
l'imprenditoria e la politica?". "Sandokan non è antistato, mai
fare questo errore. Sandokan è una parte dello stato. La camorra
è una parte dello stato. Esiste una parte dello stato loro
alleata e una parte che li contrasta. Poi c'è la più vasta e
variegata, quella equidistante".
"In 26 anni di carcere duro il silenzio gli ha garantito di
continuare a essere re - conclude Saviano -. Ora di certo non è
più il capo, anche se dovesse raccontare poco non sarà più capo,
ma può aver scelto di parlare per aggirare l'ergastolo ostativo
che blocca la possibilità di uscire dal carcere anche se ha
scontato 30 anni. Dopo 26 anni di carcere, o si pente o muore in
galera. Aveva deciso di morire in galera, ma qualcosa gli ha
fatto cambiare idea. La possibilità di salvare la famiglia o uno
stato molto fragile a cui basterà dire qualche fesseria per
poter recuperare la vita libera? Soltanto tempo e attenzione su
queste dinamiche ci faranno capire". (ANSA).
I dubbi di Saviano, 'Sandokan parlerà davvero?'
"Dirà dove sono i soldi o proverà solo a non morire in carcere?"