Per valutare se il saluto romano implichi reato vanno considerati "il contesto ambientale, la valenza simbolica del luogo, l'immediata o meno ricollegabilità al periodo storico, il numero dei partecipanti, la ripetizione dei gesti" idonea "al pericolo di emulazione". E' quanto scrivono le Sezioni Unite di Cassazione nelle motivazioni della sentenza con cui il 18 gennaio scorso hanno disposto un processo di appello bis per otto militanti di estrema destra che avevano compiuto il saluto nel corso di una commemorazione a Milano nel 2016.
La Cassazione, parlando del caso degli otto militanti di estrema destra, sottolinea che per loro la prescrizione è "maturata il 27 febbraio scorso". Sul nodo giuridico legato al saluto romano il giudice è chiamato ad accertare "in concreto, alla stregua di una valutazione da effettuarsi complessivamente, la sussistenza degli elementi di fatto" tra cui "il contesto ambientale, la eventuale valenza simbolica del luogo di verificazione, il grado di immediata, o meno, ricollegabilità dello stesso contesto al periodo storico in oggetto e alla sua simbologia, il numero dei partecipanti, la ripetizione insistita dei gesti, idonei a dare concretezza al pericolo di "emulazione" insito nel reato secondo i principi enunciati dalla Corte costituzionale".
"Va peraltro escluso - aggiungono - che, di contro la caratteristica "commemorativa" della riunione possa rappresentare fattore di neutralizzazione degli altri elementi e, quindi, di "automatica" insussistenza del reato, attesi il dolo generico caratterizzante la fattispecie e la irrilevanza dei motivi della condotta".