Si è chiuso, dopo 7 anni, con la sentenza di non luogo a procedere per i 10 imputati accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, il procedimento penale nei confronti dei componenti dell'equipaggio delle ong Jugend Rettet, Save The Children e Medici Senza Frontiere. Le organizzazioni umanitarie erano accusate dai pm di Trapani di aver stretto accordi con i trafficanti di uomini e di non aver prestato in realtà soccorso ai profughi ma di aver fatto loro da "taxi", trasbordandoli dalle navi libiche alle quali poi avrebbero permesso di tornare indietro indisturbate.
Il gup che ha emesso la sentenza con la formula perché il fatto non sussiste è Samule Corso. Il non luogo a procedere era stato chiesto dalla stessa Procura di Trapani dopo una inchiesta costata circa 3 milioni di euro. Nel procedimento era costituito parte civile il ministero dell'Interno che si è rimesso alla decisione del gup. I pm avevano anche disposto il sequestro dell'imbarcazione Iuventa della ong Jugend Rettet, una delle tre organizzazioni umanitarie coinvolte. La nave nel frattempo ha subito danni enormi ed è inutilizzabile.
Cori e applausi sono stati rivolti ai legali delle tre organizzazioni. "Abbiamo continuato a fare il nostro lavoro in questi sette anni. Questa sentenza e' una speranza per il futuro perché si lasci da parte l'accusa infamante alle ong di complicità con i trafficanti. Un giudice oggi ha detto che erano accuse fondate sul nulla", ha commentato Marco Bertotto direttore dei programmi di Medici senza frontiere.
"Questa decisione, che arriva a conclusione di una vicenda giudiziaria durata quasi sette anni, riconosce la verità sul nostro operato e sull'impegno umanitario per salvare vite in mare". Lo afferma Daniela Fatarella, direttrice Generale di Save the Children, commentando la decisione del Giudice.
"Save the Children - ha aggiunto - è sempre stata fiduciosa nella conclusione positiva di questa vicenda, nella piena coscienza che i membri dell'organizzazione hanno sempre operato nella legalità, al fine di salvare vite in mare, rispondendo al proprio mandato umanitario e con il primario obiettivo di proteggere i soggetti vulnerabili, quali ad esempio minori non accompagnati e donne potenzialmente vittime di tratta e sfruttamento". "Negli anni in cui la missione di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo centrale è stata attiva, il 2016 e 2017, Save the Children ha salvato quasi 10.000 persone che erano esposte al rischio di annegamento in mare. Tra di loro c'erano circa 1.500 bambini, molti dei quali erano separati dalle loro famiglie, che abbiamo tenuto al sicuro e protetto fino a quando hanno raggiunto un porto sicuro. Di tutto questo siamo estremamente orgogliosi. Siamo molto soddisfatti dell'esito dell'udienza preliminare e ringraziamo tutti i nostri sostenitori che, anche durante questi anni, hanno continuato a credere nei valori della nostra Organizzazione", ha concluso Daniela Fatarella.
"E' un momento importante per tutto il mondo dell'aiuto umanitario, perché si restituisce giustizia alle attività di soccorso e ai tanti operatori impegnati nel salvataggio di vite". Così Rafaela Milano, portavoce di Save The Children. "Questa sentenza restituisce il senso di un lavoro che è stato colpito da accuse ignobili e segna un passaggio fondamentale perchè ci dice che il soccorso in mare non può essere messo al secondo posto. Speriamo solo che apra una fase nuova per tutta Europa", ha aggiunto.
"Nel corso dell'udienza è stato possibile illustrare e portare all'attenzione del Giudice tutti gli elementi di prova che - ha aggiunto l'avvocato Jean-Paule Castagno - hanno smentito categoricamente ogni accusa, come acclarato dalla richiesta di non luogo a procedere formulata dai pubblici ministeri. Sono inoltre emerse l'encomiabile professionalità e dedizione con le quali tutto il personale dell'organizzazione, ed in particolare il team leader responsabile per la missione, ha operato per l'intera durata della stessa".
"Dopo sette anni di false accuse, slogan infamanti e una plateale campagna di criminalizzazione delle organizzazioni impegnate nel soccorso in mare, cade la maxi-inchiesta avviata dalla procura di Trapani nell'autunno del 2016, la prima della triste epoca di propaganda che ha trasformato i soccorritori in 'taxi del mare' e 'amici dei trafficanti'. Lo dice Medici senza frontiere.
"Un mastodontico impianto accusatorio - aggiunge Msf - basato su illazioni, intercettazioni, testimonianze fallaci e un'interpretazione volutamente distorta dei meccanismi del soccorso per presentarli come atti criminali". "Crolla il castello di accuse infondate che per oltre sette anni hanno deliberatamente infangato il lavoro e la credibilità delle navi umanitarie per allontanarle dal Mediterraneo e fermare la loro azione di soccorso e denuncia - dice Christos Christou, presidente internazionale di Msf -. Ma gli attacchi alla solidarietà continuano attraverso uno stillicidio di altre azioni: decreti restrittivi, detenzione delle navi civili, supporto alla guardia costiera libica che ostacola pericolosamente i soccorsi e alimenta sofferenze e violazioni, mentre le morti in mare continuano ad aumentare".
"La formula assolutoria dice che non c'era niente, mancava la condotta materiale". Lo dice l'avvocato Alessandro Gamberini, legale della ong Jugen Rettet. "I fatti materiali non sono stati dimostrati e non erano dimostrabili come noi abbiamo sostenuto con richieste di archiviazione alla Procura. Questo processo è una delle origini del male, della diffamazione delle ong chiamate spesso a essere complici dei trafficanti", ha aggiunto. "Si chiude un'epoca - ha proseguito - anche se non chiedo che il nostro ministro Salvini si fermerà".
"L'indagine e l'azione penale sono state un chiaro esempio di violazione da parte dell'Italia del dovere di proteggere i difensori dei diritti umani e assicurare che possano svolgere il proprio ruolo senza temere rappresaglie. Ne è prova l'attenzione che anche la Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani ha dedicato all'udienza preliminare. Siamo quindi molto soddisfatti che il giudice abbia deciso per il non luogo a procedere nei confronti di tutti gli indagati". Lo afferma Elisa De Pieri, ricercatrice regionale di Amnesty International.
"Le persone e organizzazioni coinvolte - ha aggiunto - hanno comunque subito un danno grave e in larga misura irrimediabile. L'ong Jugend Rettet si è dovuta sciogliere, la sua nave 'Iuventa' è inutilizzabile, le persone coinvolte hanno vissuto in un limbo per anni e si è minata la reputazione di ong il cui lavoro si fonda sulla fiducia del pubblico. Allaluce di questa sentenza, la necessità di modificare a livello nazionale ed europeo la normativa sulla facilitazione dell'immigrazione irregolare risulta ancora più evidente, ed Amnesty International continuerà a lavorare perché ciò avvenga". "Ora serve lavorare affinché soccorrere vite sia visto universalmente come un valore da difendere", ha aggiunto Serena Chiodo, campaigner di Amnesty International Italia presente oggi al tribunale di Trapani.