Cronaca

La casa di Montecarlo e sette anni di processo

Scandalo del pied-a-terre esploso dopo la rottura con Berlusconi

L'edificio in Boulevard Princesse Charlotte 14 a Montecarlo

Redazione Ansa

   Montecarlo, boulevard Princesse Charlotte 14, questo l'indirizzo del pied-a-terre di 45 metri quadrati, vicino al casinò monegasco, che la contessa Anna Maria Colleoni nel 1999 lasciò, tra gli altri suoi beni, in eredità per la "buona battaglia" ad Alleanza nazionale, allora guidata da Gianfranco Fini, il 'delfino' di Giorgio Almirante che con il congresso di Fiuggi ha cercato una nuova legittimazione per la destra italiana.

Ma nel giugno 2008 l'appartamentino finisce nelle mani di Giancarlo Tulliani, il fratello di Elisabetta, la compagna di Fini. La compravendita viene portata a termine per un prezzo irrisorio di 300mila euro attraverso una società off-shore riconducibile a Giancarlo Tulliani, la Printemps, che dopo pochi mesi lo 'cede' a 330mila euro alla Timara, società riconducibile a sua sorella Elisabetta. Sarà il 'Giornale' berlusconiano, a far emergere questi affari di famiglia all'ombra di Fini che, per di più, dal 30 aprile del 2008 è il Presidente della Camera, la terza carica dello Stato, una poltrona che nonostante i flutti lascerà solo alla scadenza del mandato, nel 2013.

La campagna mediatica nota come il tormentone della 'casa di Montecarlo', si apre alla fine di luglio del 2010 ed è preceduta dalla rottura, ad aprile, tra Fini - che è in disaccordo con gli attacchi alla magistratura del Pdl - e Silvio Berlusconi che lo mette fuori dal Popolo della libertà. Fini reagì declassando tutto a 'macchina del fango', sostenne che il cognato aveva affittato quella casa a sua insaputa, promise le sue dimissioni se si fosse provato che Tulliani era il vero proprietario dell'appartamento.

Si chiude con una archiviazione, l'inchiesta per truffa avviata - sempre nel 2010 - dalla Procura di Roma, una perizia immobiliare non basterà a stabilire responsabilità certe nella 'cessione' del bilocale. Sarà il 'faccendiere' pluricondannato Walter Lavitola a pubblicare su L'Avanti, di cui era direttore, a partire da ottobre del 2010, documenti del governo di Saint Lucia, l'isola caraibica sede delle società offshore coinvolte nell'affaire di Montecarlo, che provavano che Giancarlo Tulliani era il proprietario di fatto di quelle società e dunque del bilocale più famoso d'Italia. Alle elezioni politiche del febbraio 2013, la formazione di Fini - Futuro e Libertà - fa flop, non arriva nemmeno allo 0,5%. Il tramonto.

Nel 2015, l'appartamentino viene venduto per circa un milione e 250mila euro a un acquirente sconosciuto. I magistrati romani nel 2017 riaccendono i riflettori sulla vicenda indagando su una grande evasione fiscale di circa 85 milioni di euro provenienti dai giochi delle slot, che sarebbe stata orchestrata dal 'dominus' Francesco Corallo. La Procura ricostruisce i trasferimenti di denaro da Corallo alle società schermo dei Tulliani. Per gli inquirenti, con questi soldi, Tulliani avrebbe "saldato" il prezzo d'occasione pagato ad An per il bilocale, mentre metà dei soldi incassati rivendendolo erano finiti sui conti di Giancarlo ed Elisabetta Tulliani. A marzo Corallo è uscito dal processo per prescrizione.

Secondo i pm, Fini - rinviato a giudizio con la compagna, il cognato e il suocero - aveva piena consapevolezza che la compravendita era stata concordata tra Corallo e i Tulliani. Questa l'accusa per la quale l'ex presidente della Camera è stato condannato a due anni e otto mesi.

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