Dopo la prima battaglia vinta, per Ilaria Salis si apre ora la partita più delicata. Il trasferimento agli arresti domiciliari a Budapest della maestra milanese, deciso dai giudici ungheresi, apre la strada che agevola le tappe per il suo possibile rientro nel nostro Paese. Le autorità italiane potrebbero ottenere dal dicastero ungherese, dopo l'eventuale richiesta da parte dei legali di Salis, la necessaria documentazione e trasmettere il tutto all'autorità giudiziaria competente per il riconoscimento e l'esecuzione in Italia dei domiciliari.
Si tratta in sostanza di una procedura prevista dalla legge quadro del Consiglio europeo del 2009, per il reciproco riconoscimento delle decisioni sulle 'misure alternative alla detenzione cautelare'. Sulla norma, però, ci sarebbe una giurisprudenza non univoca in quanto quella applicata a Salis non è una misura conseguente ad una condanna definitiva ma è di tipo 'cautelare'. Quali saranno quindi le prossime mosse? Il primo step riguarda la sollecitazione da parte degli avvocati di Salis per una richiesta del suo trasferimento agli arresti in Italia: in questo caso l'Ungheria potrebbe attivarsi per trasmettere all'Italia la documentazione, che comprende un modulo e l'ordinanza dei domiciliari.
A sua volta il ministero della Giustizia girerà tutta la documentazione al distretto di corte dove Ilaria risulta residente. Ma aldilà degli aspetti burocratici, c'è da sciogliere un nodo fondamentale, perché resta da capire come le autorità ungheresi intendano attuare il regolamento europeo del 2009, ovvero l'unico appiglio normativo che al momento prevede il rientro in Italia della donna in tempi brevi. La decisione quadro dell'Ue ha infatti bisogno di essere poi attuata negli ordinamenti interni, che la recepiscono autonomamente con leggi specifiche. "Ragioniamo step by step", aveva detto nei mesi scorsi il Guardasigilli Carlo Nordio, indicando l'ottenimento domiciliari a Budapest come "un passaggio obbligato".
Ora che quel passo è stato ottenuto bisognerà - secondo le parole dello scorso febbraio del ministro - "sperare di poter operare sulle convenzioni. I nostri accordi prevedono che una volta cessata la detenzione carceraria allora può scattare la norma di accordo internazionale secondo cui si può chiedere che i domiciliari vengano scontati in Italia".
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