"Nel pieno rispetto del lavoro dell'autorità giudiziaria, l'Arma dei Carabinieri esprime la sua vicinanza nei confronti di un ufficiale che, con il suo servizio, ha reso lustro all'istituzione in Italia e all'estero, confidando che anche in questa circostanza riuscirà a dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati".
Il giorno dopo la notizia della nuova indagine che ha coinvolto l'ex capo del Ros ed ex direttore del Sisde Mario Mori, iscritto a Firenze nell'ambito dell'inchiesta sulle stragi in continente del 1993, a scendere in campo in difesa del generale è lo stesso comando generale dei Carabinieri con una nota.
Una presa di posizione che segue quelle arrivate già ieri, anche a livello di governo, con le dichiarazioni del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano e del ministro della Difesa Guido Crosetto. "Il nostro dovere è completare tutte le verifiche sulle stragi continentali del 1993 per le quali sussiste la competenza della procura di Firenze, che hanno imposto accertamenti", dichiara sempre oggi il procuratore capo di Firenze Filippo Spiezia. "Il nostro auspicio - afferma inoltre - è quello di proseguire e terminare entro il 2024 questo lavoro con il massimo riserbo e grande attenzione al profilo delle garanzia delle persone coinvolte".
L'indagine relativa a Mori è l'ultima novità dell'inchiesta sugli attentati a Firenze - il 27 maggio prossimo il 31/o anniversario - a Milano e a Roma. A rivelarla lo stesso generale al quale il giorno del suo 85esimo compleanno, il 16 maggio, è stato notificato un invito a comparire. Strage, associazione mafiosa, associazione con finalità di terrorismo internazionale ed eversione dell'ordine democratico le accuse ipotizzate. Data fissata per l'interrogatorio il 23 maggio, data tra l'altro dell'anniversario della strage di Capaci. Ma domani non ci sarà.
Mori, dopo aver fatto sapere che, per impegni del suo avvocato Basilio Milio, non si sarebbe presentato per quella data. Una richiesta di di rinvio è stata poi presentata alla procura.
Al generale, come lui stesso ha reso noto, i magistrati fiorentini contestano che "pur avendone l'obbligo giuridico, non avrebbe impedito mediante doverose segnalazioni e denunce all'autorità giudiziaria, ovvero con l'adozione di autonome iniziative investigative e preventive, gli eventi stragisti di cui aveva avuto anticipazioni".
A informare il generale, per l'accusa, sarebbe stato "prima nell'agosto 1992, il maresciallo Roberto Tempesta informato dall'esponente della destra eversiva Paolo Bellini che gli avrebbe anticipato le bombe al patrimonio storico, artistico e monumentale e, in particolare, alla Torre di Pisa" e, qualche tempo dopo, anche il pentito Angelo Siino "durante il colloquio investigativo - scrivono i pm - intercorso a Carinola il 25 giugno 1993, che gli aveva espressamente comunicato che vi sarebbero stati attentati al Nord".
"Dopo una violenta persecuzione giudiziaria, portata avanti con la complicità di certa informazione e durata ben 22 anni, che mi ha visto imputato in ben tre processi, nei quali sono stato sempre assolto, credevo di poter trascorrere in tranquillità quel poco che resta della mia vita", il commento dell'ex comandante del Ros che fa notare che a Palermo i pm l'hanno processato con l'accusa di aver 'trattato' con la mafia e siglato un accordo con Bernardo Provenzano per far cessare le stragi, mentre a Firenze lo indagano per non averle impedite: "Devo constatare che, evidentemente, certi inquirenti continuano a proporre altri teoremi, non paghi di 5 pronunce assolutorie e nemmeno della recente sentenza della Suprema Corte che, nell'aprile scorso, ha sconfessato radicalmente le loro tesi definendole interpretazioni storiografiche".