È cominciato questa mattina davanti alla Corte d'assise di Genova, ma è stato subito rinviato, il processo per l'omicidio di Mahmoud Abdalla, il diciottenne egiziano ucciso e fatto a pezzi dai suoi datori di lavoro.
In aula infatti non era presente uno dei due imputati.
Tito, detenuto nel carcere di Cuneo, questa mattina è stato dichiarato "intrasportabile" dalla direzione sanitaria della casa circondariale e successivamente è stato precauzionalmente ricoverato in ospedale. Secondo quanto appreso l'imputato sarebbe stato trovato in cella in una sorta di stato catatonico.
Tito, all'anagrafe, Abdelwahab Ahmed Gamal Kamel, non è nuovo a questo tipo di malesseri. Già durante l'interrogatorio davanti alla pm Daniela Pischetola aveva accusato un malore tanto che l'interrogatorio era stato sospeso.
In base ai referti medici si tratterebbe di una "sindrome di adattamento al carcere" che comporta attacchi di panico.
La mancata presenza di Tito, che non ha potuto interloquire con il suo legale Fabio Di Salvo, ha tuttavia costretto il presidente a rinviare il processo al 13 giugno. In aula invece era presente l'altro imputato Bob (Mohamed Ali Abdelghani Ali) difeso dall'avvocato Salvatore Calandra.
Tito e Bob sono accusati di aver ucciso il 23 luglio scorso il 18enne Mahmoud Abdalla e di averne mutilato il corpo, perché voleva lasciare il lavoro nella barberia che i due gestivano e denunciarli alla polizia perché si sentiva sfruttato. I due sono accusati di omicidio volontario in concorso, aggravato dalla premeditazione e dai motivi abietti e futili, oltre che di occultamento di cadavere e rischiano l'ergastolo.