Ha vissuto una serata da incubo in un locale dei Navigli di Milano subendo uno stupro di gruppo compiuto da tre amici che, secondo il giudice, hanno avuto un "atteggiamento di subdola sopraffazione".
Poi, dopo che l'azienda che aveva espresso sostegno e solidarietà per la violenza subita, è arrivata la doccia fredda: è stata licenziata.
La società di Assago (Milano) con sede legale in Olanda in cui era occupata ha ritenuto "non fosse più efficiente" e le ha offerto 5 mila euro di buonuscita. Provvedimento impugnato di fronte alla magistratura del lavoro. E' la dura storia di cui è protagonista suo malgrado una manager torinese di 32 anni, raccontata da La Stampa.
L'aggressione è avvenuta nel marzo del 2023. Dopo una festa la donna "venne stuprata per una notte intera da tre ragazzi che considerava suoi amici. Tutti, lei compresa, avevano esagerato con l'alcol". I responsabili della violenza furono identificati e arrestati dai carabinieri. La vittima fu curata in ospedale. "I colleghi e i dirigenti dell'azienda per cui lavorava da tre anni, specializzata nel commercio di brand di lusso, si strinsero intorno a lei: 'Hai tutto il nostro sostegno, non mollare'.
Dopo sei mesi di mutua scandita da ricoveri in ospedale - si legge nell'articolo -, da interminabili sedute da psicologi e psichiatri, con i famigliari che temevano si suicidasse, la ragazza provò a tornare al lavoro a settembre. Non ce la faceva, aveva ancora bisogno di cure. Alternava momenti di ottimismo ad altri di profonda tristezza". Lo scorso 11 marzo, però, la società le ha consegnato la lettera di licenziamento "per giustificato motivo" . "In un'ottica di maggior efficienza - vi si legge - abbiamo deciso di riorganizzare le nostre attività, sopprimendo la posizione di 'Service Merchandiser' da lei attualmente ricoperta e ridistribuendo le sue attuali mansioni tra altri dipendenti attualmente impiegati presso di noi".
Il 16 gennaio scorso con una condanna a 3 anni e 7 mesi di reclusione con rito abbreviato e due rinvii a giudizio si è chiusa l'udienza, davanti al gup di Milano, a carico dei tre giovani, tra i 23 e i 27 anni, imputati per violenza sessuale di gruppo. E' vero che "nel corso della serata" la lavoratrice "è parsa disponibile ad avere rapporti sessuali con alcuni degli imputati", ma "quello che è certo è che, qualche ora più tardi", lei non era "assolutamente in grado di esprimere un valido consenso", perché "stava molto male a causa dell'alcol ingerito", era in condizioni tali "da non comprendere quello che stava facendo" e l'imputato, invece, era "pienamente consapevole di tale circostanza". Questo il principio espresso nelle motivazioni della sentenza con cui il gup di Milano Sofia Fioretta, ha condannato il 23enne
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