Cronaca

Il gip respinge la richiesta di Toti di anticipare l'iscrizione nel registro degli indagati

Se accolta avrebbe reso inutilizzabili le ultime intercettazioni

Giovanni Toti

Redazione Ansa

Sulla carta sembra un atto tecnico.

   Ma se il giudice non avesse respinto, per Giovanni Toti, il presidente della Regione Liguria ai domiciliari dal 7 maggio per corruzione, sarebbero venute meno una serie di intercettazioni registrate nel corso delle indagini. Il governatore, tramite il suo legale Stefano Savi, ha chiesto il 22 maggio di applicare la riforma Cartabia e, in particolare, di anticipare la sua iscrizione nel registro degli indagati, nel filone sul voto di scambio con l'aggravante mafiosa, a partire dal 2020, al massimo 2021, invece che nel 2023.

   In questa maniera le indagini sarebbero dovute finire prima e tutti gli atti, in primis diverse intercettazioni, fatti dopo quel termine sarebbero stati nulli. Come la conversazione con il suo allora capo di gabinetto Matteo Cozzani (anche lui ai domiciliari) in cui parlavano di contattare i fratelli Angelo e Maurizio Testa (indagati anche loro). "Mi squartano", aveva risposto Cozzani a cui Toti aveva ribattuto "ma perché non gli abbiamo dato dei soldi?".

 

Il giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni ha però respinto l'istanza spiegando, in primis, che il procedimento è stato iscritto prima dell'introduzione della riforma Cartabia, che quindi non è applicabile. Poi ha sottolineato come il nuovo comma 1 bis dell'articolo 335 del codice di procedura penale prevede che il pubblico ministero deve provvedere all'iscrizione del nome della persona a cui è attribuito il reato soltanto allorquando risultino "indizi a suo carico e non meri sospetti".

   E poi, le parole del giudice, "non si può fare a meno di precisare che l'iscrizione del nominativo di una persona nel registro degli indagati, stante la delicatezza dell'atto e delle conseguenze che implica, va fatta sulla base di un attento scrutinio degli atti, che può necessitare anche valutazioni molto complesse che implicano una approfondita e articolata attività di studio e controllo della documentazione acquisita, da valutare in modo unitario".

   Nel frattempo Paolo Emilio Signorini (ex presidente dell'autorità portuale ed ex ad di Iren) ha presentato, tramite i suoi avvocati Mario ed Enrico Scopesi, appello contro il no agli arresti domiciliari.

   Nel pomeriggio è iniziato l'esame, come persona informata dei fatti, di Lucia Cristina Tringali dirigente e responsabile dell'anticorruzione interna di Autorità Portuale. Nel 2022 aveva sollevato dubbi sulla vicenda del tombamento di calata Concenter. 

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