Cronaca

Medici del carcere: 'Vallanzasca va curato e non in cella'

La difesa: 'Faremo istanza'. I giudici devono decidere sui permessi

Renato Vallanzasca (foto d'archivio)

Redazione Ansa

L'ambiente "carcerario" è "carente nel fornire" le cure e gli "stimoli cognitivi" di cui Renato Vallanzasca ha bisogno e per questo andrebbe trasferito in un "ambito residenziale protetto", in un "luogo di cura esterno", data la sua "patologia". Lo segnala l'equipe di medici del carcere milanese di Bollate in una relazione, facendo riferimento alle condizioni del settantaquattrenne ex protagonista della mala milanese degli anni '70 e '80, che ha già trascorso oltre mezzo secolo di vita da detenuto, con "fine pena mai".

   L'annotazione medica è stata acquisita dai suoi legali, gli avvocati Corrado Limentani e Paolo Muzzi, che presenteranno una nuova richiesta di differimento pena, con detenzione domiciliare in una struttura adatta per motivi di salute per Vallanzasca, dato che da tempo, anche attraverso il lavoro di consulenti, lamentano che il 74enne non possa più stare in carcere, perché soffre di un decadimento neurologico e cognitivo.

   Nel frattempo, stamani l'ex capo della banda della Comasina si è presentato in udienza davanti ai giudici della Sorveglianza perché a marzo gli sono stati revocati i permessi premio per frequentare una comunità terapeutica, dove andava almeno una volta alla settimana. Il giudice aveva fatto presente che le sue condizioni fisiche e psichiche sono tali che quella comunità non gli può più garantire l'assistenza necessaria, ma per i suoi difensori, invece, quel luogo gli è utile per alleviare il suo decadimento.

   La difesa, dunque, ha presentato reclamo. In aula era presente anche un imprenditore e volontario, un "angelo custode" amico di Vallanzasca e che è stato indicato come suo amministratore di sostegno in un procedimento civile. Ha spiegato ai giudici che lui lo accompagna "da sempre in comunità e non ha mai commesso alcuna violazione, non ha mai dato alcun problema". Quei permessi, hanno chiarito i legali, "sono per lui una terapia, per mettere in moto cervello e parola". E sarebbero anche funzionali, seconda i legali, per fargli mettere piede in una struttura di cura, dove poi potrebbe essere trasferito definitivamente.

   "Noi stiamo individuando un ente dove possa essere portato e quando l'ente ci darà l'ok faremo la richiesta di domiciliari", hanno detto i difensori. I consulenti della difesa, psicologi e neurologi (Zago, Preti e Sciacco), parlano di un "quadro cognitivo e comportamentale deficitario", di un "processo neurodegenerativo irreversibile". A fine maggio dello scorso anno, però, era stata respinta la prima richiesta dei difensori di differimento pena, con detenzione domiciliare.

   Il sostituto pg Rossana Penna, intanto, nell'udienza a porte chiuse, ha chiesto alla Sorveglianza di rigettare il reclamo, indicando alla difesa semmai di presentare una nuova istanza per i permessi.

   I giudici si sono riservati di decidere: potrebbero concedere di nuovo i permessi, negarli oppure chiedere un'integrazione di documentazione al carcere di Bollate sulle sue condizioni. Per capire, in pratica, se è in grado di frequentare una struttura esterna.  

Leggi l'articolo completo su ANSA.it